venerdì 3 maggio 2013

La Chiesa di Cristo o la chiesa del Papa?

La Chiesa di Cristo o la chiesa del Papa?

02.05.2013 13:22

La Chiesa di Cristo o la chiesa del Papa?

Ennesima provocazione di un frasario modernista atto, però, a voler usare certi termini con l'intenzione di modificarne l'originaria sostanza.
Se c'è un punto fermo, ripetitivo fino all'ossessione è proprio il concetto espresso da Benedetto XVI dall'annuncio del suo ritiro in quel dire: "la Chiesa è di Cristo!"
Perché ripeterlo molte volte prima di ritirarsi?
Perché è evidente che da dopo il Concilio, volente o dolente, i nemici della Chiesa hanno sposato una immagine a seconda del Pontefice regnante, così come della propria immagine.

Ha cominciato Paolo VI con il suo gesto eclatante nel togliersi la tiara e dismetterla.
Il Papa sapeva bene che non poteva (e non voleva) abolire un segno che non gli appartiene, ma di certo poteva modificarne l'uso secondo ciò che ritenesse utile o meno utile in quei tempi di regno complesso e difficile.
Paolo VI, infatti, non vendette le tiare della Sacrestia Pontificia, ma diede via la sua, quella che gli regalarono i milanesi e ne mantenne il segno sullo stemma personale.
Papa Montini temeva l'incalzare apparentemente inarrestabile della modernità, ed a costo di immani sacrifici, ricercò costantemente un compromesso con la società moderna, o meglio con i simboli, le immagini di questa, disposto a modificare l'immagine della Chiesa almeno sotto il suo Pontificato. In quegli anni, tanto per fare un esempio sui simboli, mentre le femministe bruciavano i reggiseno, certi preti, in preda ad una triste smania di emulazione bruciavano pianete ed abbattevano altari e balaustre a martellate incoraggiati dal gesto montiniano nel dar via la tiara e nel modificare simboli e segni.
Pur volendo ammettere la buona fede di Paolo VI occorre dire che questo suo gesto, mai spiegato, né ufficialmente redatto da un Documento ufficiale, di fatto si rivelò come "peccato originale" della sua strategia di rendere il papato più "accessibile" più vicino alla gente, più "umano" e meno divino, insomma, un Pontificato ad personam.

Ma leggiamo ora un passo di storia indispensabile, come nasce la Tiara?
Ce lo facciamo spiegare da un libro del 1878 scritto dalla Casa editrice dei Salesiani proprio per il sacerdote don Bosco,  che riporta l'incoronazione di Papa Leone XIII
leggiamo:
Triregno. È un ornamento del capo, rotondo, chiuso al di sopra,  circondato da tre corone. È questa una magnifica e splendida insegna di onore, di maestà, di giurisdizione del Sommo Pontefice. La sua origine rimonta ai tempi di Costantino, che la diede a s. Silvestro in segno di onore. Era fatto a forma del Pileo dei Romani, berretto, che usavano solamente i liberi e non gli schiavi. Perciò vuolesi che Costantino l’ abbia data a s. Silvestro, appunto per indicare che la Chiesa cessava di essere schiava e tiranneggiata dai persecutori, e cominciava ad essere libera nei suoi spirituali esercizi.
            Quest’ ornamento da prima portava una sola corona, ed era detto Regno. Fu chiamato poscia Triregno quando ebbe aggiunte due altre corone. La seconda corona fu aggiunta da Bonifacio VIII; la terza da Benedetto XII. Sebbene una sola possa esprimere il sommo potere del Papa, tuttavia le tre corone esprimono meglio le tre potestà che egli ha in Cielo, in terra e nel Purgatorio, coelestium, terrestrium, et infernorum. Le tre  corone possono ancora significare che il Papa è Sommo Sacerdote, Signore temporale, e universale Legislatore. Il Triregno è sormontato da un globo su cui sorge una croce. Il globo e la croce posta sul Triregno indica il mondo assoggettato a Gesù Cristo in virtù della Croce, ed è sostenuto dal Papa, perché tutta la terra è alla sua cura affidata.
Sempre dal medesimo testo, che parla dell'incoronazione di Papa Leone XIII, leggiamo la descrizione dell'evento:
...allora il Cardinale secondo Diacono, che stava a sinistra del trono, toglieva dal capo del Pontefice la mitra, ed il Cardinale primo Diacono, che stava alla destra, gli imponeva il Triregno, proferendo a voce alta e vibrata le famose parole:  Accipe Tiaram tribus coronis ornatam,et scias Te esse Patrem Principum et Regum, Rectorem Orbis, in terra Vicarium Salvatoris N. J. C. cui est honor et gloria in saecula saeculorum.
           Ossia:  Ricevi la Tiara ornata di tre corone, e sappi che Tu sei Padre dei Principi e dei Re, Reggitore del mondo, Vicario in terra del Salvator Nostro Gesù Cristo, cui è onore e gloria nei secoli dei secoli.
            Il Triregno imposto al S. Padre Leone XIII fu già donato al Santo Padre Pio IX dalla Guardia Palatina d’ onore.
            L’ atto e le parole suddette fecero correre come un fremito di commozione fra gli astanti, molti dei quali ne rimasero inteneriti fino alle lagrime. Era questo di fatto il punto più bello e più solenne della grandiosa cerimonia, e non poteva non produrre un effetto vivissimo nel cuore di tanti figli devoti ed affezionati alla nostra santissima religione.

***
Quindi, ad onor del vero, Paolo VI  fu per un certo verso un martire imponendo semmai a sé stesso dei grandi sacrifici  al solo scopo di non porsi in urto frontale - a scanso di mali peggiori - con le nefaste tendenze che allora imperversavano, nella speranza, purtroppo infondata che, finita l'ubriacatura dell'euforia conciliarista,  gradatamente le cose si sarebbero assestate. Ma l'assestamento non ci fu.
Cosa ci fa credere o interpretare che la deposizione della tiara fu un atto personale di Paolo VI, un sacrificio di rinuncia a sé stesso?
Il Documento "Romano Pontifici Eligendo", promulgato dallo stesso Pontefice, prevedeva che il suo Successore fosse incoronato, secondo l'uso, dal Cardinale Protodiacono.
Più precisamente è l'ultimo punto della Costituzione Apostolica che lo esprimeva chiaramente (n. 92): Infine il Pontefice sarà incoronato dal Cardinale Protodiacono e, entro un tempo conveniente, prenderà possesso della Patriarcale Arcibasilica Lateranense, secondo il rito prescritto....
Fu per scelta di "umiltà" che Giovanni Paolo I  disattendendo la "Romano Pontifici Eligendo", rifiutò il rito dell'incoronazione.
Appare perciò evidente che il gesto di Paolo VI che sarebbe dovuto rimanere isolato, o che al limite non avrebbe dovuto ricadere sulla "incoronazione" del Vicario di Cristo, di fatto venne usato per cominciare dei Pontificati "di stile personale", lasciando così ogni Pontefice "libero" di fare ciò che vuole, avanzare non più secondo una logica giunta a noi per e nella Tradizione, ma in sostanza per avanzare a seconda del proprio e personale stile, umiltà personale se preferite. Resta palese che qui sta anche uno dei segnali più inquietanti e drammatici della vera rottura con la Tradizione: Giovanni Paolo I si rifiutò di farsi incoronare. Giovanni Paolo II, suo Successore due mesi dopo, comprendendo bene la gravità della situazione e per evitare probabilmente un problema al suo predecessore di ordine persino Canonico, non si fece incoronare ma trasformò detta incoronazione con la "intronizzazione", un concetto più moderno ed anche più collegiale come infatti è l'uso del termine che indica anche la presa di possesso dei nuovi Vescovi e Patriarchi della sede di loro nomina spettante.

Sia ben chiaro, il problema non è nella tiara in sé, ma in ciò che rappresenta come sopra è stato ben spiegato e del come si stia tentando di affondarlo, ma non per volontà dei Papi o del Concilio, quanto a causa di una certa infiltrazione modernista nel modo stesso di pensare anche dei Papi.
Non è più importante che si chiami "intronizzazione" ed oggi, con Papa Francesco si è voluto togliere anche questo termine, oramai il danno è stato è stato fatto ma le risorse della Chiesa che è di Gesù Cristo, sono molte e continueranno a difendere questa Istituzione divina con il suo specifico Primato Petrino.
Infatti se è vero che gli stessi significati (i tre poteri) possono essere assunti tranquillamente dalla nuova mitria imposta a Benedetto XVI con le tre strisce dorate, è altrettanto vero che si è imposto ai fedeli e al mondo un cambiamento atto a sminuire, nel segno, la potenza e il valore dei tre poteri di Cristo (1 - Re dei re e principi della terra; 2 - Re e Governatore del cielo, della terra e dell'universo intero; 3 - Salvatore delle Anime) distaccandoli sempre di più dall'agire degli uomini e degli Stati. Prova ne è che nel momento in cui Paolo VI fece la sua scelta e Giovanni Paolo I la impose col suo rifiuto, si è verificato anche il crollo della politica cattolica.
Non escludiamo che tale crisi dei valori e dei principi non negoziabili sarebbero crollati lo stesso, ma dal momento che la storia non si fa con i se e i ma, ma con dati alla mano, l'unica prova sostenibile che è sotto gli occhi di tutti è il crollo simultaneo avvenuto da ambo le parti anzi, cedendo la prima (il papato montiniano) ha finito per cedere anche la seconda.
Come possiamo sostenere questi fatti?
Basta ascoltare la massa dei fedeli sui principi non negoziabili, basta ricordare che nel momento in cui l'Italia cedeva all'aborto e al divorzio si parlava ancora di un popolo cattolico al 90% ma, attenzione, che identificava le proprie scelte moderniste associandole spesso ai "cambiamenti apportati da Paolo VI".
Il gesto di Paolo VI doveva rimanere contestualizzato nel suo tempo e, ad onor del vero, lo stesso Pontefice si spese senza riserve per denunciare i fraintendimenti associati ai suoi gesti di apertura, nonché alle false interpretazioni e strumentalizzazioni che si davano alla "volontà" del Concilio.
Ma intanto la rottura con la Tradizione era avvenuta e non si sarebbe più arrestata.

Venendo ai giorni nostri non possiamo non constatare questo oscillare da un Pontificato ad un altro, non a caso gli stessi Media parlano di "chiese diverse" usando termini aberranti quali: "la Chiesa di Paolo VI; la Chiesa di Giovanni Paolo II; la Chiesa di Benedetto XVI; ed oggi la Chiesa di Francesco...."
Non esiste più nel gergo, e dunque nel pensiero dei fedeli, la Chiesa nella sua Tradizione; la Chiesa di Gesù Cristo nei suoi tre poteri; la Chiesa dei Successori di Pietro, tanto che Benedetto XVI per tutto il mese, dopo l'annuncio della rinuncia, non ha fatto altro che ripetere che "la Chiesa non è mia o di altri, ma è di Cristo, è sua...".
Oramai si tende ad identificare una Chiesa a seconda del Pontefice eletto continuando ad alimentare una estenuante rottura con quella Tradizione che ha reso grande la Chiesa in ogni tempo, anche nei giorni nostri, e che solo così ha reso alcuni Pontefici tanto grandi da essere ricordati e venerati.
Non è un caso che lo stesso Giovanni XXIII viene ricordato non per la dottrina ma per aver aperto il Concilio Vaticano II; lo stesso Paolo VI viene ricordato per tutta una serie di "aggiornamenti e cambiamenti, aperture e ammodernamento della Chiesa" ma guai a nominarlo nella sua Enciclica Humanae Vitae lineare con la Tradizione; lo stesso Giovanni Paolo II viene ricordato per i suoi gesti moderni ma guai a nominare la sua Evangelium Viate o la Ecclesia de Eucharistia o la sua denuncia contro coloro che volevano abbandonare il celibato presbiteriale o persino avanzare con le donne prete; al contrario Benedetto XVI è stranamente l'unico Papa della serie che viene ricordato negativamente per aver riportato segni e gesti abusivamente cancellati e per aver ridato asilo alla forma antica della Messa, abusivamente vietata.
Tutto questo ci fa vedere bene come da Giovanni XXIII la Chiesa abbia subito dei cambiamenti che se da una parte li possiamo ritenere lineari con certi cambiamenti epocali (ogni Concilio ha apportato cambiamenti nella Chiesa), dall'altra parte lo stesso silenzio dei Pontefici e gli stessi abusi compiuti da molta Gerarchia non hanno fatto altro che alimentare questa visione delle cose e rafforzare l'aberrazione che ogni Pontefice userebbe la Chiesa a seconda della propria immagine che vuole darle.

Se questi esempi ancora non vi convincono vi invitiamo a rileggervi alcuni articoli precedenti quali quelli dedicati al Pontificato passionale vissuto da Benedetto XVI e, possiamo aggiungere, la chicca di queste settimane: il vescovo ex cerimoniere pontificio tale Piero Marini avrebbe affermato che finalmente oggi, grazie all'atteggiamento liberale di Papa Francesco, ci ritroviamo nell'ennesima "nuova" Chiesa non più oscurantista dove lui stava davvero soffocando, poverino! Viene da chiedersi cosa si aspetta questo "signore" dal nuovo Pontefice!
Non possiamo che rispondere con l'articolo del teologo domenicano Padre Giovanni Cavalcoli O.P. su Riscossa Cristiana, già da noi più volte a buona ragione citato, dove dice:
" Il Papato con Paolo VI non è più Cristo che guida le folle, che compie prodigi, che corregge i discepoli, che caccia i demòni, che minaccia farisei, sommi sacerdoti e dottori della legge, ma è Cristo sofferente, “crocifisso e abbandonato”, inascoltato, disobbedito, contestato, beffato, emarginato, angosciato.
La forza del Papato postconciliare è la forza di Cristo crocifisso, è il potere della croce. Il Papa deve stare continuamente in croce, fino all’ultimo...."

Se Papa Francesco sarà sostenuto da Vescovi come quello che sparla del Pontificato precedente, ha da stare molto attento ai tradimenti!
Al momento questi modernisti dipingono infatti una "nuova" Chiesa all'insegna non della dottrina, ma dei cambiamenti esteriori e nei gesti apportati dal nuovo Pontefice.
A questo proposito è interessante l'analisi fatta da Sandro Magister con il suo recente: L'incantesimo di Papa Francesco.
Spicca la parte iniziale dell'articolo dove leggiamo: " La sua popolarità è in buona misura legata all'arte con cui parla. Tutto gli viene perdonato, anche quando dice cose che dette da altri verrebbero investite dalle critiche. Ma le prime proteste cominciano ad affiorare..."
L'arte con cui parla Papa Francesco, che è poi il suo stile, nulla toglie alla Dottrina sia del Papato quanto al Catechismo della Chiesa. La Chiesa è di Cristo, Papa Francesco lo sa assai bene e molto più di certi prelati crapuloni e profittatori.

Quanto agli stili dei Pontefici, in verità, non sono affatto una novità del dopo Concilio.
Possiamo partire dai Giardini Vaticani che dal Medioevo ad oggi hanno subito centinaia di cambiamenti apportati ognuno dal Pontefice di turno i quali aggiungevano o toglievano qualcosa; così come gli appartamenti papali dentro i quali ogni Pontefice ha portato la propria firma, trasformazioni superficiali, ma anche radicali a seconda dei gusti. Il 5 luglio del 2010 Benedetto XVI inaugurava la centesima fontana nei Giardini Vaticani dedicata a san Giuseppe, le precedenti 99 sono a firma dei suoi predecessori che si perdono nel tempo. Così come quando fu appena eletto si recò nella sua ex abitazione per organizzare il trasloco (solo libri e pianoforte) preoccupandosi di regolare l'ultima rata dell'affitto. I media l'hanno presto dimenticato.

Come non ricordare anche il Beato Pio IX il quale, appena raggiunto Castel Gandolfo, andava per i vicoli e entrava anche nelle case e spesso sollevava il coperchio della pentola sui fornelli per saggiare la consistenza del brodo. E se vedeva che il cibo non era sufficiente lasciava un po’ di denaro alla famiglia.
In fondo è stato più facilitato Pio IX che non Papa Francesco il quale farebbe lo stesso se solo potesse, ma l'avvento mediatico non gioca sempre a favore dei Papi.
Ma possiamo anche accennare l’ istituzione degli "esercizi spirituali" in Vaticano per il Papa e i suoi più stretti collaboratori la quale risale "solo" di recente, al 1925 con Pio XI, che poi nel 1929, con l’enciclica Mens nostra, stabilì che vi si svolgessero puntualmente ogni anno. Se un Papa "domani" dovesse toglierli, non gridiamo allo scandalo, fanno parte dello stile e del carisma, della sensibilità di qualcuno che al momento opportuno li ha istituzionalizzati.
Pio XI fu anche il primo Papa ad assumere una donna, pure Ebrea, non come donna delle pulizie (con tutto il rispetto per la preziosa categoria), ma in qualità di esperta per riordinare l'archivio fotografico dei Musei Vaticani.
E sempre di lui è risaputo che fin da quando era Vescovo preferiva portarsi sempre dietro un revolver.... Quando fu nominato Nunzio in Polonia si legge negli appunti di trasferimento delle cose da portarsi dietro: “Tutte le carte che stanno nelle due scrivanie in casa (…). Mettere tutte le dette carte nella valigia comperata a Milano, e portare a Varsavia – come anche il piccolo revolver e munizioni.”
E ancora, fu Papa Leone XIII che inserì lo sport tra i nuovi strumenti di comunicazione di massa e i movimenti cattolici italiani dettero vita, nei primi anni del ventesimo secolo, a una propria organizzazione che ebbe in Papa Pio X un convinto assertore ed uno strenuo sostenitore. Il suo discorso ai giovani italiani l'8 ottobre 1905 lo potremmo quasi considerare una magna charta: «... ammiro e benedico di cuore tutti i vostri giochi e passatempi, la ginnastica, il ciclismo, l'alpinismo, la nautica, il podismo, le passeggiate, i concorsi e le accademie, alle quali vi dedicate; perché gli esercizi materiali del corpo influiscono mirabilmente sugli esercizi dello spirito; perché questi trattenimenti richiedono pur lavoro, vi toglieranno dall'ozio che è padre dei vizi; e perché finalmente le stesse gare amichevoli saranno in voi una immagine dell'emulazione dell'esercizio della virtù».

Per non parlare poi delle interviste, la prima fu rilasciata da Leone XIII su "Le Figaro" il 4 agosto 1892, la prima di un Romano Pontefice, concessa tra l'altro a una giornalista donna di tendenza socialista. Non dimentichiamo che Leone XIII condannò l'ideologia socialista senza mezzi termini nell'Enciclica Rerum Novarum.
Insofferente all’etichetta di corte, secondo la quale il Papa doveva mangiare da solo, come avveniva fin dai tempi di Urbano VIII, San Pio X ammise a tavola prima uno e poi due segretari. Alcuni dignitari fecero notare lo strappo alla regola.
Pio X rispose: «Ho letto e riletto i Vangeli e gli Atti degli apostoli; ma non vi ho mai trovato che San Pietro mangiasse da solo».
Il 27 maggio 1917 Benedetto XV, con la costituzione apostolica Providentissima mater, promulgava il nuovo Codice di diritto canonico. Al testo furono riconosciute dai giuristi di tutte le scuole una precisione e una chiarezza quali raramente si riscontrano nei codici degli Stati civili. Pose fine anche al “non expedit”, consentendo ai cattolici di fare politica e ai sovrani cattolici di visitare Roma e il Papa.
A lui ancora regnante era stata eretta nel 1919 a Costantinopoli una statua, recante questa iscrizione dal sapore ecumenico: «Al grande Pontefice della tragedia mondiale, Benedetto XV, benefattore dei popoli, senza distinzione di nazionalità o di religione, in segno di riconoscenza, l’Oriente».

Potremmo continuare all'infinito. Qui abbiamo voluto brevemente dimostrarvi come i cambiamenti nella Chiesa non solo ci sono sempre stati, ma che superato l'impatto emotivo sono stati sempre cambiamenti che hanno ringiovanito la Chiesa, rinvigorito la sua struttura umana e di governo. L'interesse mediatico volto spesso a senso unico, purtroppo, penalizza certi cambiamenti usandoli come modifiche all'Istituzione, per la quale si intende tutto l'apparato dottrinale e dogmatico, Istituzione perciò Divina ed immodificabile.
La Chiesa è di Cristo, il Suo Vicario senza dubbio può rendere più bella la Sposa, più giovanile, più snella, una volta più mistica, un'altra volta più umana attraverso le personali iniziative che ritiene più o meno opportune durante il suo regno, ma non può modificarne la struttura e questo, fino ad oggi, nessun Papa l'ha fatto. Chi ha tentato di farlo non c'è mai riuscito perché era illegittimo ed antipapa.
Concentriamoci perciò sulla Dottrina e sul Magistero ufficiale dei Pontefici, il resto lasciamolo alle fantasie dei Media che tali resteranno.

***

Maggiori informazioni http://anticlericali-cattolici.webnode.it/news/la-chiesa-di-cristo-o-la-chiesa-del-papa-/

mercoledì 27 marzo 2013

Figli spirituali di Benedetto XVI

Amici,
nasce il forum
FIGLI SPIRITUALI DI BENEDETTO XVI.....


Non è un forum come questo, ma raccoglierà tutto il materiale dottrinale (foto e video) di Papa Ratzinger, inoltre desideriamo rendere vivo e perenne il suo appello: PREGATE PER ME, MI RITIRO PER PREGARE.... e con la Preghiera vogliamo e dobbiamo creare questa comunione che dalla terra giunga al Cielo oggi e per sempre, nella Comunione dei Santi...
Un modo concreto per continuare la sua opera accanto a Papa Francesco e nelle nostre comunità parrocchiali e diocesane.

L'iscrizione è libera, la Preghiera la vogliamo, ne abbiamo bisogno, anche se non vi iscriverete...


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lunedì 25 marzo 2013

Un nuovo Papa o un papa nuovo?

25.03.2013 13:02

Nuovo Papa e non un Papa nuovo

Abbiamo ricevuto diverse e-mail che ci chiedevano come mai tanto silenzio sul "Papa nuovo", ci è stato chiesto cosa ne pensiamo e se forse non fossimo contrari a questa elezione.
In verità ci siamo astenuti, di proposito, di perseguire la classica rincorsa mediatica e magari di fare a gara a chi avesse poi sparato le balle più grosse.
Di proposito e perseguendo la virtù della prudenza abbiamo voluto attendere di far passare il ciclone della novità, l'emozione di una elezione, cercando di evitare quella infatuazione alimentata da molte immagini esteriori che solitamente fanno presa sui Media riversandosi, spesso rovinosamente, sulle migliaia di fedeli che sempre attendono qualcosa di "nuovo" e spesso si stancano della quotidianità, o perfino di avere un "vecchio" Papa.

Come avrete compreso oggi parliamo dell'uso di questo termine "nuovo".
Cominciamo con il dire che non abbiamo un Papa "nuovo" ma bensì abbiamo un nuovo Papa. La differenza è cosmica! Perciò facciamo attenzione a come usiamo le parole.
Certe parole vengono usate oggi con una tale perversione da insinuarsi all'interno di un gergo cattolico che, però, finisce anche con il diffondere l'errore.
Da dopo il Concilio Vaticano II abbiamo cominciato ad udire sempre più spesso questo termine: una Chiesa "nuova", con il perverso intento di voler usare il Concilio per pretendere dalla "chiesa nuova" anche un corpus dottrinale "nuovo". Tutto "nuovo" perchè il vecchio ha stancato, è "passato", anzi, non è al passo con i tempi. Già San Paolo ammoniva: "Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche", (1Tim.4,1);
"Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine, perché è bene che il cuore venga rinsaldato dalla grazia" (Ebr.13,9).
Così come ancora più esplicitamente ammoniva l'allora cardinale Ratzinger pochi giorni prima di essere eletto Sommo Pontefice, alla Messa Pro Eligendo Pontefice:

"Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.
Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo.
É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede - solo la fede - che crea unità e si realizza nella carità".

"Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo..."
(Efesini 4,14-15).

E' proprio la Sacra Scrittura, interpretata correttamente, che ci dice che abbiamo così un "nuovo Papa" e non già una Papa "nuovo - una chiesa nuova" ecc.... La dottrina è immutabile, ed è proprio questa immutabilità che rende all'elezione di ogni Pontefice non una novità sulle dottrine, ma una novità (= termine che viene da nuovo, novello, fresco, giovane, novizio), un concetto di nuovo non nella dottrina immutabile della Chiesa sigillata anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica in ben cinquecento pagine, ma nuovo in quella freschezza tipica di chi, appena eletto, porta sempre una ventata di fresco, di giovanile, nuovi modi per ridonare l'eterna dottrina immutabile.

Un "Nuovo Papa" non significa altro che un ricambio nel gestire e nella gestione di quella Dottrina che ogni Pontefice, per dirsi tale, ha l'obbligo e il dovere di trasmettere integralmente e fedelmente. Non dunque nel cambiare la dottrina, ma nel porla in modo fresco, con l'entusiasmo che contraddistingue e accompagna, umanamente parlando, l'impatto del nuovo eletto.

Tralasceremo di riportare qui l'odioso e il perverso gioco mediatico del fare i paragoni fra Pontefici. Sono perditempo e nocivi alla pace e salute dell'anima.
Dobbiamo piuttosto far prevalere l'impostazione "nuova, giovanile, fresca" del nuovo Pontefice a riguardo proprio della Dottrina.
Ebbene, Papa Francesco ha cominciato parlando del Diavolo! E noi non possiamo che ringraziarlo visto che ne abbiamo parlato anche qui: DEMONIO INFERNO: come parlarne ai bambini?, e dobbiamo ascoltare il "nuovo Papa", e mettere in pratica quanto dice:
"Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio. Camminare, edificare-costruire, confessare".
(14 marzo 2013: Papa Francesco, Santa Messa con i Cardinali);

"La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti! E in questo momento viene il nemico, viene il diavolo, mascherato da angelo tante volte, e insidiosamente ci dice la sua parola. Non ascoltatelo! Seguiamo Gesù!
Noi accompagniamo, seguiamo Gesù, ma soprattutto sappiamo che Lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. E, per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù".
(24 marzo 2013: Papa Francesco Omelia Domenica delle Palme)

Cosa c'è di "nuovo" in queste parole? Di dottrina nulla, eppure abbiamo udito come certi Media continuano a presentare Papa Francesco come un "segno di rottura" con il suo predecessore Benedetto XVI.
E abbiamo notato anche fra gli stessi Christefideles Laici come questa falsa rottura sia vista in modo gioioso, addirittura come una "speranza nuova" affinché il "papa nuovo" possa rifondare una "chiesa nuova con dottrine nuove"! Ahimè, che risveglio amaro avranno tutti coloro che stanno sperando da Papa Francesco (o pretendendo) una "chiesa nuova" ostaggio di un mondo che mutando pretenderebbe di dettare "dottrine nuove" ai Discepoli di Cristo nostro Signore.

"Ma Papa Francesco ha detto che desidera una chiesa povera, non porta la croce dorata, non porta l'anello dorato, non porta le scarpette rosse...."
Signore mio, diremmo davanti a queste idiozie mediatiche, quanta povertà di pensiero!
Riguardo all'autentica povertà trasmessa dal Vangelo, vi rimandiamo volentieri a questo articolo molto ben argomentato: "La vera povertà che non è il pauperismo… della retorica laicista e della demagogia clericale ", qui possiamo aggiungere che l'autentica povertà insegnata dal Vangelo conduce inevitabilmente alle Beatitudini nelle quali sono descritte nitidamente tutte le virtù che dobbiamo vivere per dirci davvero "poveri" ed entrare nel Regno promesso.
Gesù non toglie dall'afflizione, ma dice "beati gli afflitti"; Gesù non elimina la povertà ma dice "beati quelli che hanno fame e sete di giustizia..."
Insomma, la povertà nel Vangelo è persino auspicabile ma non come fine, piuttosto come mezzo per giungere ad un fine.
Spogliare la Chiesa, dunque, non significa ridurla sul lastrico come vorrebbe certa massoneria e certo pensiero progressista, catto-comunista, modernista, affinché tale Chiesa impoverita di mezzi materiali non possa più andare per il mondo a predicare Cristo, significa piuttosto spogliarsi di quei segni legittimi come accadde per Gesù.
Cosa ci insegna infatti san Paolo?
"Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.
Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre." (Fil 2,7).
Affinché anche la Chiesa, e noi con Lei possiamo davvero essere esaltati (=santificati) dal Padre, dobbiamo avere in noi: " gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù ".
Gesù visse una povertà rivolta esclusivamente al vero fine: la nostra purificazione. Lui non visse affatto da povero, non andava in giro con le toppe ma portava una tunica talmente preziosa che i soldati si guardarono bene dal strapparla, ma la tirarono a sorte; Gesù dimostra che non aveva preoccupazioni per mangiare, anzi, Lui stesso preannunciando di essere quel Cibo che salva, sfamerà la folla con la moltiplicazione dei pani e dei pesci; Gesù dimostra che quando gli occorre qualcosa come un puledro o la stanza dove consumare l'Ultima Cena, Egli sa dove andare; Gesù dimostra di avere anche come pagare la tassa del tempio e non solo, ma elogia l'obolo della vedova e difende la raccolta dei fondi e il tesoro del tempio; Gesù fa tenere una cassa fra gli Apostoli che come sappiamo era gestita da Giuda, il traditore, che si occupava certamente di dare anche ai poveri ciò di cui avevano bisogno, ma di pensare anche al decoro stesso di Cristo e della piccola comunità alla quale nulla mancava; Gesù in definitiva non ha mai chiesto la carità, ma si è fatto mendicante dei nostri cuori, delle nostre anime: " non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo", il vero povero nella Chiesa è colui che si fa servo del prossimo. Perciò anche i poveri devono farsi servi. Il vero povero è colui che esce dalla condizione miserevole del peccato, e dalla stessa povertà intesa proprio come miseria e contro la quale sì, abbiamo il dovere di fare qualcosa: togliere il povero dall'indigenza con i mezzi che ci sono propri.

Sarebbe persino superfluo stare a ripetere che certe croci dorate e anelli dorati non sono affatto di oro massiccio e che in tempo di grave crisi economica il gesto di Papa Francesco (che porta non materiale di ferro come si è detto, ma di argento e vuole portare la croce pettorale (di peltro) che gli fu donata quando venne eletto Vescovo e che quindi racchiude anche un valore affettivo, che continuò a portare anche da cardinale) può senza dubbio aiutare gli animi più sensibili dai quali, però, ci si attende la medesima sensibilità e accuratezza a non infangare i Predecessori che preferirono portare le insigne dorate.

Vogliamo concludere queste riflessioni con una saggia fatta da un sacerdote e che riteniamo utile all'articolo:

Il cardinale Bergoglio in una sua omelia del 2005, dedicata al tema della vita, egli ebbe a dire:
“Quando si ascolta ciò che Gesù dice: Guarda, «Io mando voi, io vi mando come pecore tra i lupi», si vorrebbe chiedere: «Signore, stai scherzando, o non hai un posto migliore dove mandarci?».
Perché ciò che Gesù dice fa un po’ paura: «Se annunzierete la mia parola, vi perseguiteranno, vi calunnieranno, vi tenderanno trappole per portarvi davanti ai tribunali e farvi uccidere». Ma voi dovete andare avanti. Per questo motivo, fate attenzione, dice Gesù, siate astuti come i serpenti ma molto semplici come colombe, unendo i due aspetti. Il cristiano non può permettersi il lusso di essere un idiota, questo è chiaro. Noi non possiamo permetterci di essere sciocchi perché abbiamo un messaggio di vita molto bello e quindi non possiamo essere frivoli. Per questo motivo Gesù dice: «Siate astuti, state attenti». Qual è l’astuzia del cristiano? Il saper distinguere fra un lupo e una pecora. E quando, in questo celebrare la vita, un lupo si traveste da pecora, è saper riconoscere quale sia il suo odore. «Guarda, hai la pelle di una pecora, ma l’odore di un lupo». E questo, questo compito che Gesù ci dà è molto importante. È qualcosa di davvero grande”.
In cosa consisterebbe la nuova era? Su cosa sarebbe fondata? Forse sul creato o sull’amore universale? Forse su una liturgia spoglia? Forse su un S. Francesco che non appare più come « uomo cattolico e tutto apostolico », secondo la felice espressione di Pio XI? Come osservava quel Papa, ” nei nostri tempi, molti, infetti dalla peste del laicismo, hanno l’abitudine di spogliare i nostri eroi della genuina luce e gloria della santità, per abbassarli ad una specie di naturale eccellenza e professione di vuota religiosità, lodandoli e magnificandoli soltanto come assai benemeriti del progresso nelle scienze e nelle arti, delle opere di beneficenza, della patria e del genere umano. Non cessiamo perciò dal meravigliarci come una tale ammirazione per San Francesco, così dimezzato e anzi contraffatto, possa giovare ai suoi moderni amatori, i quali agognano alle ricchezze e alle delizie, o azzimati e profumati frequentano le piazze, le danze e gli spettacoli o si avvolgono nel fango delle voluttà, o ignorano o rigettano le leggi di Cristo e della Chiesa” (Lettera Enciclica “Rite expiatis”, 30 aprile 1926).
Questa nuova era, tanto simile nella freddezza dei termini al nuovo mondo di farneticanti telepredicatori, se non proprio al pensiero del New Age, sarà riconducibile alle parole del Papa? Non è che voglia avvalersi piuttosto delle parole del Papa per rendere autorevoli i propri pensieri?
Intanto, fino a questo momento, il solo che sembri rimetterci è Benedetto XVI, accusato persino di aver manipolato la liturgia in opposizione alla leggi della Chiesa. Non avrebbe meritato questo, specialmente da tanti che, fino ad un mese fa, erano intenti ad elogiare i grandi temi del suo pontificato. Col senno del poi (tanto brutto tra cristiani, ma opportuno tra uomini), dovendo riconoscere che nessuno avrebbe potuto dire in anticipo qualcosa sul pensiero del nuovo Papa, possiamo pensare ad una sorta di “captatio benevolentiae” preventiva. Pare, insomma, che il salire in anticipo sul carro del vincitore, non sia un principio affermato soltanto nel mondo. Ma siamo sicuri adesso che questo pensiero, tanto osannato, sia quello del Papa? Siamo sicuri che il biasimo del povero Benedetto alla fine paghi veramente? E’ lecito nutrire qualche dubbio. Soprattutto quando il coro, alla fine, si rivela per quello che è.
Don Antonio Ucciardo

Rammentiamo il grande riconoscimento che Papa Francesco ha fatto di Papa Benedetto XVI quando è andato a trovarlo: nel donargli una icona Papa Francesco gli ha detto "mi hanno detto che si chiama la Madonna dell'umiltà e, mi permetta di dirle una cosa, ho pensato a lei, alla sua umiltà durante tutto il suo pontificato (e Benedetto XVI ringraziava), ci ha dato tanto esempio di umiltà, davvero (mentre Benedetto XVI continuava a ringraziare), di tenerezza... e ho pensato a lei", mentre Benedetto XVI ringraziando aggiungeva: non dimentichiamola mai (la Madonna dell'umiltà).
Mentre abbiamo trovato davvero squallido che il portavoce della Santa Sede abbia riportato esclusivamente il termine "siamo fratelli" anziché riportare questo breve dialogo fra due grandi Pontefici come grandi lo sono stati un po tutti i Pontefici in questo martoriato Novecento e inizi del Nuovo Millennio.


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giovedì 28 febbraio 2013

Rinuncia del Papa e san Gregorio Nazianzeno

28.02.2013 14:27
(Benedetto XVI da San Celestino)

Rinuncia del Papa e san Gregorio Nazianzeno
Vista la drammatica situazione in cui ci troviamo, e pur non volendo nutrire le voci mediatiche che si pongono contro la scelta del Papa accusandolo quasi di "lesione al ruolo Petrino", oppure all'opposto, di stolti progressisti atti a rivendicare un cambiamento radicale del ruolo di Pietro che possa, con il futuro Pontefice modificare a suo piacimento la dottrina della Chiesa su svariati argomenti, oppure divagando su una serie di artificiosi articoli tendenti ad interpretare l'interpretabile, ci sembra comunque un dovere non tacere e rivolgere a noi stessi e a voi lettori articoli di riflessione lasciando aperta quella porta del Mistero che vede sempre e comunque lo Spirito Santo artefice e guida della Sposa di Cristo.

Vogliamo riportare dal sito Orizzonti Cristiani, questo eccellente passo che vogliamo fare nostro:

I precedenti in realtà sono abbondanti e molto significativi, ma non tanto nella storia dei papi, quanto nelle biografie dei padri della Chiesa antica. I grandi vescovi e teologi dei primi secoli, cresciuti in un mondo pagano e in uno spirito laico, non avevano certamente remore e sfumature nel parlare del proprio rapporto con le cariche ecclesiastiche, descritte come una tentazione da sfuggire in ogni modo.
Vi era in questo “elogio della fuga” un duplice intento, quello di evitare la tentazione del potere e quello di affermare la superiore dimensione mistica della “fuga mundi”, soprattutto a partire dal diffondersi del monachesimo nel IV secolo.
Potremmo ricordare tanti nomi della Chiesa d’Oriente e d’Occidente, da sant’Atanasio di Alessandria a sant’Agostino di Ippona, ma forse la testimonianza più adatta a comprendere il gesto del papa attuale è quella di san Gregorio Nazianzeno, grandissimo teologo e letterato della seconda metà del IV secolo in Cappadocia, che dopo essersi più volte sottratto alla carica episcopale fu “costretto” ad accettare quella più prestigiosa del tempo, il patriarcato di Costantinopoli.
Con la sua parola, i suoi famosi “discorsi teologici”, riconquistò alla vera fede un popolo quasi interamente traviato dall’eresia ariana, permettendo la celebrazione di uno dei più importanti Concili della storia della Chiesa, il Costantinopolitano I del 381, il cui simbolo di fede si ripete ancora oggi a memoria in tutte le chiese. Queste furono le sue accorate parole, alla fine di quello straordinario servizio alla Chiesa universale:


 « Lasciatemi riposare dalle mie lunghe fatiche, abbiate rispetto dei miei capelli bianchi ...
Sono stanco di sentirmi rimproverare la mia condiscendenza, sono stanco di lottare contro i pettegolezzi e contro l'invidia, contro i nemici e contro i nostri. Gli uni mi colpiscono al petto, e fanno un danno minore, perché è facile guardarsi da un nemico che sta di fronte.
Gli altri mi spiano alle spalle e arrecano una sofferenza maggiore, perché il colpo inatteso procura una ferita più grave (...)
Come potrò sopportare questa guerra santa?
Bisogna parlare di guerra santa così come si parla di guerra barbara. Come potrei riunire e conciliare questa gente? Levano gli uni contro gli altri le loro sedi e la loro autorità pastorale e il popolo è diviso in due partiti opposti (...) Ma non è tutto: anche i continenti li hanno raggiunti nel loro dissenso, e così Oriente e Occidente si sono separati in campi avversi” (Discorsi 42, 20-21) ».

 Anche Benedetto XVI può a buon diritto essere inserito nella lista dei padri della Chiesa contemporanea. Come Gregorio passò gli ultimi anni della sua vita nel silenzio e nella preghiera, componendo meravigliose poesie, così Joseph Ratzinger pregherà per noi, forse scrivendo testi altrettanto meravigliosi, lodando il Signore con il suo pianoforte e il suo sorriso.
P. Stefano Caprio

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Si potrebbe essere pignoli e dire: ma san Nazianzeno non era il Papa e non era Vicario di Cristo, non era il successore di Pietro ..
Questo naturalmente detto fra noi perchè poi le polemiche stanno a zero davanti ai progetti di Dio del quale leggiamo: Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie - oracolo del Signore (Is.55,8), e perché il senso stesso delle parole di san Gregorio Nazianzeno sono davvero le stesse che potrebbe pronunziare Papa Benedetto XVI per il nostro oggi.
Noi crediamo che la legittimazione dell'atto vada cercato anche nel come è mutato il ruolo del Papa da dopo il Concilio.
Prima i Papi non erano soggetti a spostamenti così vertiginosi e continui, non a caso dopo il Concilio di Trento e con la scoperta dell'America, il Papa invia i Nunzi apostolici per sostituirlo, non c'erano le Gmg e non c'era la necessità del Papa di "farsi vedere". Per non parlare di lunghissime Sedi Vacanti, persino due anni senza Pietro.
Con Paolo VI le cose cambiano, vedasi il gesto della Tiara che infatti non è mai stata abolita, ma che da allora lascia al Successore di Pietro la libertà se usarla o meno. Paolo VI "venderà" per altro la "sua" tiara, quella che gli regalarono i milanesi, e non ha mai venduto quelle appartenenti alla Sacrestia pontificia.

Il tarlo di una certa collegialità (tarlo, termine usato da Ratzinger nella presentazione del documento Communionis Notio e che più avanti tratteremmo con un articolo specifico) infiltrandosi cercherà di portare il ruolo petrino alla pari con gli altri vescovi.
Un tarlo che queste dimissioni, questa rinuncia, ripropone da parte di quelli che vogliono vedere nel gesto del Papa solo un marciume in atto a modificare il ruolo petrino.
Certo è che con Paolo VI il ruolo del Pontefice è cambiato, è diventato quasi un ruolo ad personam, un pò complici i Media che strumentalizzano parole e gesti di un pontefice adattandolo alle esigenze laiciste.
Un esempio lo abbiamo avuto con la malattia di Giovanni Paolo II. Egli ebbe il merito e come compito divino-pastorale di radunare i giovani dopo averli tolti dalle piazze ideologiche e partitiche. Il suo Successore, Benedetto XVI, ha avuto il compito di istruire alla vera dottrina questi giovani compiendo così anche una sorta di selezione naturale nella quale ci sono stati anche molti abbandoni dopo la morte del Pontefice.

Ma il Papa all'ultima Udienza del Mercoledì è stato chiaro, per chi vuole ben intendere questo gesto epocale: non è abbandonare la Chiesa.
Il Papa non è un superman come i Media avevano identificato nel suo predecessore.... e quindi è legittimamente suscettibile di rinuncia laddove le sue forze non fossero in grado di tenere il passo con le esigenze che spesso sono proprio mediatiche.
A luglio c'è la GmG e il Papa giustamente è preoccupato: andare o non andare? e in quale stato? in carrozzella attirando su di sè l'attenzione mediatica?
non è da Ratzinger....
Ha capito che sopraggiungendo la dura vecchiaia, i Media avrebbero cominciato a fare le pulci alla sedia a rotelle (non dimentichiamo i commenti acri, acerbi, quando Benedetto XVI salì per la prima volta sulla pedana mobile, catturando le prime pagine dei giornali con commenti davvero diabolici), ad ogni movimento del suo corpo, alla voce sempre più flebile.... una radiografia odiosa che tutti ben ricordiamo con il predecessore, che senza sua colpa il Papa era diventato una sorta di feticcio da adorare perchè malato e quindi DA COMPATIRE.

Noi crediamo che Ratzinger odi quella compassione laicista e mediatica alla quale non vuole offrire la sua vita.
Infine crediamo che Benedetto XVI abbia così lanciato un messaggio forte ai Cardinali: occorre un Papa forte ed energico per far fronte alle derive del mondo e non per compiacerle come certi commenti progressisti hanno avanzato!
Lui in 8 anni ha deposto ben oltre 20 vescovi dalle loro postazioni, l'ultima rinuncia l'ha accolta da O'Bryan....
Ora tocca al nuovo Papa! E noi siamo fiduciosi e crediamo che lo Spirito Santo avrà l'ultima parola allor quando il sacrificio, questo martirio bianco di Papa Benedetto, eleverà al Cielo (insieme al Popolo veramente santo e che solo Dio sa riconoscere come tale), suppliche e preghiere per le quali ci consola sapere dalla parola di Dio che:
"a causa degli eletti quei giorni saranno abbreviati" (Mt.24, 22).

***

Maggiori informazioni http://anticlericali-cattolici.webnode.it/news/benedetto-xvi-la-rinuncia-e-san-gregorio-nazianzeno/

lunedì 11 febbraio 2013

DECLARATIO Benedetto XVI lascia il Ministero

CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO - DECLARATIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI SULLA SUA RINUNCIA AL MINISTERO DI VESCOVO DI ROMA, SUCCESSORE DI SAN PIETRO, 11.02.2013

Nel corso del Concistoro Ordinario Pubblico per la Canonizzazione di alcuni Beati, tenuto alle ore 11 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, durante la celebrazione dell’Ora Sesta, il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto ai cardinali presenti il seguente annuncio:


http://d2.yimg.com/sr/img/1/0d37b0eb-8d52-3e8f-a921-95b9262f28d7

http://d1.yimg.com/sr/img/1/a6232880-cdd2-34d5-9ad3-2409ad72729d



Carissimi Fratelli,

vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando.
Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato.

Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice.


Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.

Dal Vaticano, 10 febbraio 2013


BENEDICTUS PP XVI




Dall’età tardo antica a oggi tutte le volte che un Papa ha rinunciato (o dovuto rinunciare) al suo ministero
Scesi dal soglio di Pietro
 La risposta di Benedetto XVI  nel libro-intervista Luce del mondo, era stata esplicita. Alla domanda del giornalista Peter Gregorio XII in una miniatura delle «Cronache di Norimberga» (XV secolo)Seewald («Quindi è immaginabile una situazione nella quale lei ritenga opportuno che il Papa si dimetta?») aveva detto «Sì. Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi».
In verità, la ricostruzione storica dei casi in cui si è interrotto un pontificato prima della morte del Papa, ci riconduce a pochissime figure e in nessun caso a una situazione come quella che si è verificata con la decisione di Benedetto XVI.
Si comincia da anni assolutamente incerti dal punto di vista della documentazione storica con i dubbi sulla corretta ricostruzione storica della successione che da Pietro porta a Papa Clemente. Si giunge al XV secolo quando la rinuncia di Papa Gregorio XII (indotta dal concilio di Costanza) favorì la ricomposizione dello scisma d'Occidente.
Nel mezzo si incontrano figure come quelle di Ponziano, di Silverio e di Benedetto IX. E, naturalmente, la più nota, Pietro del Morrone, Celestino V.
 
12 febbraio 2013



Osservatore Romano

mercoledì 6 febbraio 2013

Maledetto quel fuoco di...paglia...

si sapeva... quando si parla a braccio e quando si parla troppo, si finisce per prestare il fianco al nemico....
Riteniamo che nella Chiesa Cattolica siano in troppi a parlare, e che si si vuole e si deve parlare, basterebbe RIPORTARE il Magistero della Chiesa SENZA STRAVOLGIMENTI come chiede più volte il Papa....
Da ieri i titoloni dei giornali sostengono che grazie alle parole di mons. Paglia, la Chiesa apre la porta alle coppie omosessuali.... ma questo è FALSO!!!
Come interpretare le parole di mons. Paglia?
Vi proponiamo l'articolo di lanuovaBussolaQuotidiana che ha chiarito un pò questo "fuoco...di paglia"  ma invitiamo il Presule a fare attenzione a quando rilascia dichiarazioni pubbliche e quando vuole parlare a nome della Chiesa e dunque anche nostra....

Fuoco di Paglia
di Riccardo Cascioli

06-02-2013
Mons. Vincenzo Paglia

S’avanza una strana idea nella Chiesa italiana a proposito di famiglia e offensiva gay. Vale a dire: continuare a proclamare l’unicità della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, ma nello stesso tempo concedere un riconoscimento giuridico – sebbene non parificato al matrimonio - alle convivenze, sia etero che omosessuali.

E’ già da un po’ che si sente circolare questa idea ma il 4 febbraio l’ha esplicitata monsignor Vincenzo Paglia, neo presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, nel corso della conferenza stampa inaugurale del proprio mandato. Nel discorso introduttivo, monsignor Paglia ha parlato in realtà soltanto del valore unico della famiglia naturale e ha presentato le iniziative del suo dicastero per promuovere una «cultura della famiglia».
Ma poi, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha fatto una serie di affermazioni che tradiscono una impostazione francamente sconcertante, sia nel merito sia nella forma. Pur ribadendo che il matrimonio è solo tra uomo e donna (e ha citato anche Giorgio Gaber a supporto di questa tesi) ha però detto che vanno anche riconosciuti i diritti delle coppie di fatto, anzi «è tempo che i legislatori se ne preoccupino». Inoltre, monsignor Paglia nel riconoscere che c’è una molteplicità di «convivenze non familiari» assicura che la Chiesa è favorevole «a che in questa prospettiva si aiutino a individuare soluzioni di diritto privato e prospettive patrimoniali all’interno dell’attuale Codice civile». Infine non poteva mancare un omaggio al “politicamente corretto” con l’invito a vigilare sulle discriminazioni delle persone omosessuali nel mondo: «In oltre venti paesi l’omosessualità è ancora perseguita come reato».


Si diceva che le affermazioni sulle convivenze sono sconcertanti, anzitutto nel merito. Paglia chiede che il Parlamento legiferi in materia di «convivenze non familiari» per trovare  soluzioni di diritto privato e prospettive patrimoniali. Quindi l’ex vescovo di Terni ritiene che attualmente non siano garantiti i diritti dei conviventi, ma qui sbaglia di grosso: i diritti sono garantiti eccome – per etero e omosessuali -, sia dalla legge sia dalla giurisprudenza, che in materia è particolarmente ricca. Tanto è vero che quando si vogliono lanciare campagne per il riconoscimento delle coppie di fatto, si agitano problemi palesemente falsi (vedi l’assistenza del convivente in ospedale). Di fatto già oggi ci sono tutti gli strumenti possibili nel diritto privato per regolare in modo equo le relazioni fra conviventi.

Un eventuale intervento del legislatore, perciò, si configurerebbe come riconoscimento della convivenza e non come tutela dei diritti dei conviventi, cioè si andrebbe a creare un simil-matrimonio, che in verità non ha alcuna ragion d’essere. Peraltro, l’invito di Paglia era già stato colto dal governo Prodi che presentò nel 2006 il progetto dei Dico (firmato dai ministri Bindi e Turco), ma la Chiesa fece di tutto per bloccarli anche con il sostegno al Family Day. Vogliamo dire che allora la Chiesa si sbagliò e oggi una analoga proposta non incontrerebbe grande resistenza?

Ad ogni modo vale la pena ricordare che lo Stato – ogni Stato – si occupa della famiglia e riconosce la famiglia come propria cellula fondamentale non per garantire dei diritti ai coniugi o per riconoscere l’amore fra i due, ma in funzione della necessità dello Stato stesso. Detto molto banalmente: lo Stato ha bisogno di figli (scopo di ogni società è durare nel tempo), i figli nascono dal rapporto tra uomo e donna, i figli – per crescere bene, sviluppare tutte le potenzialità umane che hanno - hanno necessità di un padre e una madre dentro rapporti stabili. Lo Stato non si occupa di quanto un marito e una moglie si vogliano bene – e ci mancherebbe altro – ma semplicemente si preoccupa della tutela dei figli, che sono il futuro della nazione. Ecco perché gli articoli del Codice civile che si riferiscono al matrimonio – e che anche monsignor Paglia avrà letto mille volte alle coppie che avrà sposato – sono un elenco di doveri (fedeltà, assistenza materiale e morale, coabitazione, educazione dei figli, collaborazione), non di diritti. E marito e moglie nel matrimonio si assumono davanti alla società la responsabilità di assolvere questi doveri. I diritti patrimoniali – cui fa accenno Paglia riferendosi ai conviventi – discendono da questi doveri: la successione o la reversibilità della pensione a questo sono legati, perciò non ha alcun senso chiederli per le coppie conviventi che, proprio in quanto conviventi, non si assumono alcun dovere. Se invece il convivente si assumesse anche dei doveri, allora diventerebbe una relazione matrimoniale.

Il fatto che tra due persone conviventi ci sia una relazione affettiva, che magari in alcuni casi – ma solo in alcuni casi - possa essere più stabile di alcuni matrimoni non significa nulla dal punto di vista dello Stato, e la Corte Costituzionale già nel 1996 ha negato per questo ogni rilievo giuridico alla convivenza. Né questo dipende – come lascerebbe intendere l’intervento di mons. Paglia – dal numero delle convivenze: oggi è un fatto talmente diffuso, si dice, che il legislatore non può non prendere in considerazione il problema.
Ma l’intervento dello Stato si basa sulla natura del rapporto non sulla sua diffusione, anzi: proprio perché la famiglia naturale è in crisi si giustificherebbe una sottolineatura ancora più marcata per valorizzare questo istituto così fondamentale per la vita di una società, anche dal punto di vista economico.

E qui entra in gioco anche il giudizio morale, che riguarda più specificamente la Chiesa cattolica. L’intervento di Paglia sembra sottintendere una neutralità morale della convivenza: c’è chi si sposa, c’è chi convive (anche omosessuali), tutte scelte comunque possibili che dipendono semplicemente dalla volontà dei singoli. Ma per la Chiesa non è così: pur non obbligando nessuno, però è chiaro che l’unico luogo deputato per i rapporti sessuali è il matrimonio – e anche qui ci sono motivi adeguati alla ragione -, e non pare che questo insegnamento sia stato abrogato nel frattempo; non parliamo poi dei rapporti omosessuali, che restano contro natura malgrado la cultura dominante dica il contrario. Chiedere qualsiasi tipo di assegnazione di diritti alla convivenza implica invece un riconoscimento implicito del suo valore morale e un incoraggiamento a permanere in questo tipo di relazione, anche omosessuale. Detto per inciso, è anche in questo modo che s’avanza il pensiero omosessualista nella Chiesa: da una parte si continua a proclamare che l’unica famiglia è quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna, ma dall’altra si avallano stili di vita incompatibili con la vocazione dell’uomo.

Questo tipo di ambiguità sarebbe già abbastanza grave da parte di qualsiasi vescovo ma detta dal presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, per di più nella conferenza stampa con cui inaugura il suo mandato, assume una gravità particolare, anche se – dicevamo all’inizio – questa posizione si va diffondendo nella Chiesa italiana, nella migliore delle ipotesi come (miope) strategia politica per salvare l’unicità della famiglia naturale.
Certo, qui nascono inevitabilmente domande sul perché di certe nomine in Vaticano, soprattutto in dicasteri così importanti, ma è un tema su cui avremo modo di tornare. Resta il fatto che sulla questione del matrimonio e delle convivenze urge un chiarimento dei vertici della Chiesa: di confusione ce n’è già abbastanza.

venerdì 1 febbraio 2013

QUIZ per capire se appartenete a un “culto distruttivo”

QUIZ per capire se appartenete a un “culto distruttivo”

01.02.2013 09:53
 


QUIZ per capire se appartenete a un “culto distruttivo”, più conosciuto come "setta":

questo Questionario, elaborato da esperti (anche psicologi e sociologi) in materia, permette di evidenziare le "caratteristiche comuni" a tutti i culti con effetti negativi sul comportamento, sulla libertà e sulla psicologia della persona. Non intende circoscriversi ad un unico gruppo, né intende riferirsi alla religione in quanto tale, anzi, al contrario questo Questionario intende proprio salvaguardare la religione stessa da quei gruppi che al suo interno ne stravolgono sovente i veri fini e l'autentico insegnamento, tutelandone la serietà.
Infatti, questo Questionario non è applicabile ai cosiddetti "monasteri o comunità religiose" specialmente secolari, nelle quali è implicito che esista una certa disciplina, Regola, accettata liberamente come stile di vita comune insieme e dove il concetto di famiglia non si sviluppa con dei bambini da crescere, ma tra persone adulte il cui libero arbitrio si autoregola ed alimenta proprio attraverso la Regola e le Costituzioni già collaudate nel tempo.
In sostanza queste domande e risposte faranno luce sul gruppo laicale a cui appartenete.
Rispondete sinceramente e francamente alle domande: non avete motivo di sentirvi in colpa a farlo perché queste domande possono aiutarvi a capire chi siete, quanta padronanza avete del vostro libero arbitrio e come stare meglio, ma è importante rispondere con tutta onestà con un si o con un no evitando ogni tipo di giustificazione.
Al termine del Questionario controlla la Nota in fondo (*)

1. Nel tuo gruppo vengono scoraggiati i dubbi, le critiche o le idee che non sono in sintonia con il sistema di elaborazione al suo interno?
2. Tendi a razionalizzare (o a giustificare) tutto ciò che viene fatto dal tuo gruppo, anche quando sei consapevole che questo va contro il tuo "sesto senso" di ciò che è giusto e sbagliato?
3. Ti senti spesso esausto per la lunghezza delle attività, incontri e progetti del gruppo?
4. Il tuo gruppo utilizza un linguaggio speciale, ricco di neologismi e di termini generalmente incomprensibili agli esterni?
5. I dubbi esposti vengono considerati una mancanza di fede, di consacrazione, di impegno o quale mancanza di lealtà verso il gruppo? In sostanza: i tuoi pensieri (naturalmente non contrari alla retta fede, ma non in linea con la programmazione del gruppo) sono diventati qualcosa da combattere/reprimere/condannare?
6. Riesci a vivere il culto al di fuori della programmazione del gruppo, ossia: preghi di tua spontanea volontà o solo quando è previsto dal programma del gruppo?
7. Ti ritrovi spesso a fare sempre più cose nel gruppo che non avresti fatto di tua iniziativa?
8. Il tuo gruppo umilia o critica pubblicamente i suoi membri?
9. Il tuo gruppo possiede un sistema di punizioni o di premi per il comportamento dei suoi membri?
10. Il tuo gruppo ritiene ossessivamente di essere perseguitato da altri gruppi o da persone che hanno altre convinzioni?

11. La prospettiva di abbandonare il tuo gruppo ti spaventa o ti sembra molto difficile da attuare?
12. Senti il bisogno, qualche volta e in crescendo, di lasciare di nascosto il tuo gruppo?
13. Ti è stato detto (o pensi) che se abbandoni il gruppo ti accadrà sicuramente qualcosa di brutto?
14. Il tuo gruppo filtra l'informazione e le comunicazione esterne? Ritiene di essere "il solo" ad avere la soluzione a tutti i tuoi problemi?
15. Le idee o il sistema di credenze del leader viene considerato al di sopra di ogni critica, ritenuto di carattere sacro o intoccabile?
16. Segui un particolare individuo, del tuo gruppo, che esige ubbidienza e lealtà cieca ed assoluta?
17. I membri del tuo gruppo si considerano particolarmente eletti, superiori o un'élite esclusiva?
18. Senti il bisogno di salvare o convertire altri al tuo sistema di gruppo e metodo?
19. Il tuo gruppo mantiene la segretezza verso gli estranei sulle sue opere, insegnamenti, attività o credenze?
20. Il tuo gruppo associa la purezza e la bontà all'essere membri del gruppo, e l'impurità o il male a coloro che si pongono al di fuori del gruppo?

21. Poni la missione o le attività del tuo gruppo al di sopra dei tuoi obiettivi ed ideali personali? Gli interessi del gruppo hanno la precedenza sui tuoi interessi?
22. Ti scopri a ragionare in termini di noi-loro, noi-contro gli altri esterni al gruppo?
23. Vedi sempre meno i membri della tua famiglia ed amici che non appartengono al tuo gruppo o che non accettano di condividerlo?
24. Da che sei entrato nel gruppo i tuoi rapporti con parenti e familiari che non ne fanno parte sono radicalmente cambiati?
25. Se sei coniugato/a il tuo coniuge è stato spinto in qualche modo ad entrare nel gruppo?
26. Esiste fra i coniugi la libertà di non aderire al gruppo? se è sì, l'armonia familiare ne risente? I figli sono lasciati liberi di scegliere?
27. Il tuo gruppo usa frequentemente per le testimonianze pubbliche svelare confessioni private per rafforzare la missione o gli obiettivi privati del gruppo?
28. La comunicazione (le amicizie) all'interno e dall'esterno del tuo gruppo viene controllata o censurata in qualche maniera?
29. Il tuo gruppo critica, emargina, abbandona o disprezza gli individui che decidono di abbandonare il gruppo?
30. Le confessioni, i difetti o le debolezze dei singoli vengono usate pubblicamente nel gruppo come monito disciplinare?

31. I membri, quando devono fare scelte di vita personali, cercano forse di avere prima il permesso o l'approvazione dei leader del gruppo? In questo caso in vista anche di un fidanzamento o matrimonio vi sentite pilotati dal gruppo a riguardo della scelta del partner?
32. Avverti una forte pressione a partecipare sempre agli incontri, adunanze, lezioni e seminari del gruppo e ti senti colpevole se non vi partecipi?
33. Avverti una pressione a dare una parte dei tuoi guadagni al gruppo o di spendere denaro in corsi, libri o progetti speciali?
34. I bisogni finanziari del gruppo vengono ritenuti più importanti del tuo proprio benessere economico, anche a riguardo delle necessità dei figli?
35. Il tuo gruppo opera discriminazioni contro qualcuno per quanto riguarda la diversità, o altri gruppi legati alla fede ma non del tuo giro?
36. Il tuo gruppo possiede una struttura totalitaria, ossia: uno stretto controllo gerarchico a causa del quale i membri non possono avere iniziative?
37. Ti domandi a volte se ti sei lasciato coinvolgere in un gruppo restrittivo?
38. Hai una bassa o scarsa stima di te stesso, ossia: avverti una perdita di identità perché l'hai fusa con il gruppo?
39. Hai difficoltà a prendere delle semplici decisioni e fare delle scelte importanti anche quelle che riguardano il concepimento dei figli? In sostanza questa domanda vi chiede se siete controllati dal gruppo a riguardo dei numeri dei figli imposti; se siete costretti ad abortire, ma anche se siete costretti a farne secondo la volontà del gruppo. Ricordati che ogni gravidanza è un dono e non una imposizione.
40. Ti senti spesso ansioso/a, depresso, inquieto o nervoso?

41. Ti senti isolato/a, solo/a, colpevole, cinico specialmente verso chi non fa parte del tuo gruppo?
42. Hai difficoltà di memoria a breve termine?
43. Ti sembra di non avere nulla in cui credere, o da condividere, al di fuori del gruppo?
44. Avverti qualche volta del disagio ed insofferenza verso il gruppo o verso coloro che ne detengono la leadership?
45. Avverti qualche volta un senso di supina incensazione verso il gruppo o coloro che ne detengono la leadership, fino a non poter fare a meno di loro?
46. Hai qualche volta degli incubi o sogni spiacevoli?
47. Trovi difficile o impossibile smettere di compiere le pratiche mentali o rituali del gruppo?
48. Hai mai visto se nel tuo gruppo fioriscono idee o iniziative (buone naturalmente) che poi avete potuto realizzare liberamente?
49. Nel tuo gruppo vi sentite liberi di poter fare qualcosa che non era prevista nel programma abitudinale degli incontri?
50. Le vacanze o i giorni festivi come le Domeniche, sono sempre associati esclusivamente al programma e attività del gruppo? La vostra famiglia è libera di trascorrere la festività religiosamente in modo indipendente?

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(*) - Se hai risposto affermativamente a dieci domande, la situazione è seria ma non drammatica, sei ancora in tempo per riprenderti la tua libertà ed ora puoi comprendere da te stesso che hai una identità da recuperare;
- se sei affermativo/a oltre le dieci domande, comincia a preoccuparti, sei entrato in una spirale pericolosa;
- se sei stato affermativo/a ad oltre venti domande, è già un miracolo che tu abbia potuto completare il Questionario, ma hai bisogno di aiuto per uscire da questa schiavitù e il tuo gruppo è un gruppo gravemente restrittivo, in qualsiasi religione esso si trovi.
- Se sei affermativo/a oltre le quaranta domande il gruppo al quale hai aderito è distruttivo.
- Se invece hai risposto negativamente ad almeno 25 domande, la metà del Questionario, il gruppo a cui appartieni seppur equilibrato rischia di diventare settario, perciò cerca di essere tu stesso a renderlo sempre equilibrato e in sintonia con l'autentica libertà di ogni individuo, nel rispetto della vera dignità di tutti.

Ricordati: non è la religione a rendere schiave le persone, ma spesso sono i gruppi che le compongono che, differenti fra loro, non tutti agiscono per un bene comune. Diffida sempre da chi ti rende schiavo/a, da chi inibisce la tua libertà, da chi si impossessa della tua volontà. L'autentica religione rende libera la persona aumentando e perfezionando la sua specifica identità nei confronti di sé stesso, nei confronti di Dio e del prossimo. Aiuta la vera religione a non essere testimonianza di intolleranza e schiavitù in un mondo in cui questa viene usata per negare all'Uomo la sua Anima, il suo fine ultimo, il suo scopo di vita.

 Maggiori informazioni http://anticlericali-cattolici.webnode.it/news/quiz-per-capire-se-appartenete-a-un-culto-distruttivo/
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