venerdì 14 dicembre 2012

Rorate Coeli desuper


Il ritornello è tratto dal libro di Isaia (45,8): "Stillate, cieli, dall'alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia."
Cliccando qui sotto troverete il video che accompagna nel canto per essere imparato....
http://www.gloria.tv/?media=371630


Roráte caéli désuper,
et núbes plúant jústum.
Roráte caéli désuper,
et núbes plúant jústum.

1 Ne irascáris Dómine,
ne ultra memíneris iniquitátis:
ecce cívitas Sáncti fácta est desérta:
Síon desérta fácta est:
Jerúsalem desoláta est:
dómus sanctificatiónis túæ et glóriæ túæ,
ubi laudavérunt te pátres nóstri.

* Roráte caéli désuper,
et núbes plúant jústum.
Roráte caéli désuper,
et núbes plúant jústum.

2 Peccávimus, et fácti súmus tamquam immúndus nos,
et cecídimus quasi fólium univérsi:
et iniquitátes nóstræ quasi véntus abstulérunt nos:
abscondísti faciem túam a nóbis,
et allisísti nos in mánu iniquitátis nóstræ.

* Roráte caéli désuper,
et núbes plúant jústum.
Roráte caéli désuper,
et núbes plúant jústum.

3 Víde Dómine afflictiónem pópuli túi,
et mítte quem missúrus es:
emítte Agnum dominatórem térræ,
de Pétra desérti ad móntem fíliæ Síon:
ut áuferat ípse júgum captivitátis nóstræ.

* Roráte caéli désuper,
et núbes plúant jústum.
Roráte caéli désuper,
et núbes plúant jústum.

4 Consolámini, consolámini, pópule méus:
cito véniet sálus túa:
quare mæróre consúmeris,
quia innovávit te dólor?
Salvábo te, nóli timére,
égo enim sum Dóminus Déus túus,
Sánctus Israël, Redémptor túus.

* Roráte caéli désuper,
et núbes plúant jústum.
Roráte caéli désuper,
et núbes plúant jústum.

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 Traduzione italiana

Stillate , o cieli, dall'alto,
E dalle nubi piova la giustizia.

Non adirarti, o Signore, non ricordarti più
dell'iniquità:
Ecco che la città del Santuario è divenuta deserta:
Sion è divenuta deserta: Gerusalemme è desolata:
La casa della tua santificazione e della tua gloria,
Dove i nostri padri Ti lodarono.

Stillate , o cieli, dall'alto,
E dalle nubi piova la giustizia.

Peccammo, e siamo divenuti come gli immondi,
E siamo caduti tutti come foglie:
E le nostre iniquità ci hanno dispersi come il vento:
Hai nascosto a noi la tua faccia,
E ci hai schiacciati per mano delle nostre iniquità.

Stillate , o cieli, dall'alto,
E dalle nubi piova la giustizia.

Guarda, o Signore, l'afflizione del tuo popolo,
E manda Colui che sei per mandare:
Manda l'Agnello dominatore della terra,
Dalla pietra del deserto al monte della figlia di Sion:
Affinché Egli tolga il giogo della nostra schiavitú.

Stillate , o cieli, dall'alto,
E dalle nubi piova la giustizia.

Consolati, consolati, o popolo mio:
Presto verrà la tua salvezza:
Perché ti consumi nella mestizia, mentre il dolore ti ha rinnovato?
Ti salverò, non temere,
Perché io sono il Signore Dio tuo,
il Santo d'Israele, il tuo Redentore

Stillate , o cieli, dall'alto,
E dalle nubi piova la giustizia.




venerdì 23 novembre 2012

Gloriamoci del Nostro vero RE

Una famosa parabola racconta di un giovane.
Egli pensava che tutti gli sforzi fatti per trovare la vicinanza di Dio fossero vani. Credeva che, alla fine, non rimanesse nulla dello sforzo da lui fatto.
Il saggio lo mandò con un cestino di paglia sporco al pozzo per prendere l’acqua. Siccome la strada era lunga, alla fine nel cestino non c’era più acqua.
Ma ogni giorno il saggio ce lo rimandò di nuovo.
“E allora?” chiese dopo un po’ di tempo. “Era tutto vano?”.
“Sì, tutto era vano, non sono riuscito neanche a portare una sola tazza d’acqua a casa. Ho perso tutto per strada”.
“No, non è stato vano andare ogni giorno al pozzo con il cestino”, rispose il maestro di saggezza.
“È vero che con il tuo cestino di paglia non sei riuscito a conservare l’acqua. Ma non vedi come il cestino, grazie all’acqua, si è pulito? Lo stesso vale anche per te. Anche se credi che tutto lo sforzo fatto per trovare la vicinanza di Dio sia vano, sei comunque stato infine purificato da Lui, fonte di ogni bene”.

Questo racconto si può applicare anche alla partecipazione nella fede alla celebrazione della Santa Messa. Se ogni settimana portiamo il cestino sporco della nostra vita, pesantemente concentrata su se stessa, al pozzo della Celebrazione eucaristica, con l’andare del tempo anche in noi avverrà una purificazione. Il sangue di Cristo, versato per noi sulla Croce, sicuramente mostrerà la sua efficacia su di noi, fragili vasi. Soprattutto in unione con il sacramento della Penitenza, la Messa possiede un’altissima forza risanatrice.

Buona Festa di Cristo Re a tutti


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Saluti del Santo Padre all'Udienza di oggi:
Domenica prossima, ultima del Tempo ordinario, celebreremo la solennità di Cristo Re dell’universo. Cari giovani, ponete Gesù al centro della vostra vita, e da Lui riceverete luce e coraggio in ogni scelta quotidiana. Cristo, che ha fatto della Croce un trono regale, insegni a voi, cari malati, a comprendere il valore redentivo della sofferenza vissuta in unione con Lui. A voi, cari sposi novelli, auguro di riconoscere la presenza del Signore nel vostro cammino matrimoniale, così da partecipare alla costruzione del suo Regno di amore e di pace.

Oggi, memoria liturgica della Presentazione della Beata Vergine Maria al Tempio, si celebra la Giornata per le Claustrali. Alle sorelle chiamate dal Signore alla vita contemplativa, desidero assicurare la speciale vicinanza mia e dell’intera Comunità ecclesiale. Rinnovo, al tempo stesso, l’invito a tutti i cristiani affinché non facciano mancare ai monasteri di clausura il necessario sostegno spirituale e materiale. Tanto dobbiamo, infatti, a queste persone che si consacrano interamente alla preghiera per la Chiesa e per il mondo! Grazie.


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Gloriamoci del Nostro Re

Predica del 28 ottobre 2012 di padre Konrad Festa di Cristo Re
 
In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.
    Essendo anche oggi la Festa patronale di questa chiesa, comincio con una parola su San Simone e San Giuda Taddeo. Sono gli apostoli e discepoli del Signore: il primo è San Simone Zelotes, il secondo è il cugino del Signore e che ha scritto l'Epistola cattolica di San Giuda. San Simone è l'apostolo di Mesopotamia, San Giuda Taddeo è l'apostolo dell'Egitto. Dopo i duri lavori in questi Paesi si sono incontrati in Persia dove hanno convertito innumerevoli pagani alla fede cattolica e hanno illustrato il Santissimo Nome di Gesù Cristo + con la loro dottrina, con i loro miracoli, e poi con il loro glorioso martirio.
 
   Ora ci soffermiamo sulla Festa di Cristo Re.
   Talvolta, qualcuno chiamerà la Chiesa "trionfalista", come se fosse una società mediocre, puramente umana, centrata su un mero uomo, una società che non abbia niente su cui gloriarsi: come se dovesse prendere un posto modesto vicino alle altre religioni e modestamente tacere.
   La realtà, però, carissimi amici, è ben diversa. La Chiesa è una società perfetta, animata dallo stesso Spirito Santo, il Santificatore; infallibile, tutta pura, l'immacolata Sposa di Cristo; e Cristo è Dio, l'unico Dio, il Figlio dell'uomo, come dice San Giovanni evangelista nell'Apocalisse: "... con occhi fiammeggianti come fuoco, la voce simile al fragore di grandi acque che nella destra teneva sette stelle, dalla bocca gli usciva una spada affilata a doppio taglio, il suo volto somigliava al sole quando splende in tutta la sua forza. Egli mi disse: - Non temere, io sono l'Alfa e l'Omega e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi" (Ap.1, 11-18).
   Nostro Signore Gesù Cristo + è Re dell'Universo, Pantocrator, sia da Dio sia da uomo in virtù dell'unione ipostatica tra la Sua divinità e la Sua umanità; è anche Re di tutti gli uomini in virtù della Sua passione e morte in Croce, tramite la quale ci ha redenti.
 
   La Santa Chiesa Cattolica non si vergogna, dunque, di Lui, Ché altrimenti si vergognerà di lei davanti a Suo Padre e ai Suoi Angeli (cfr Mc.8, 38); bensì esulta, soprattutto oggi sulla Festa di Cristo Re quando ricorda il Suo trionfo su Satana, sul peccato e sulla morte. Esulta per Lui ed esulta per se stessa perché sa con certezza assoluta che seguendo il Suo Re sul campo di battaglia di questo mondo, trionferà anche lei.
 
   Quaggiù facciamo parte della Chiesa militante, militante "contro i Principati e le Potestà come abbiamo visto la settimana scorsa, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti", e "ci gloriamo di combattere sotto il Vessillo di Cristo", nelle parole dell'ultima Preghiera di questa Santa Messa, per poter regnare con Lui dopo, come Chiesa trionfante in Cielo, per sempre.
 
   La parola "trionfalista" è una parola, carissimi amici, moderna, inventata da menti moderne per presentare come falso e male ciò che è vero e bene. La Chiesa ha sempre visto la nostra vita terrena come una lotta dura contro i nemici della nostra salvezza: il mondo, la carne, il diavolo, in collaborazione con Nostro Signore Gesù Cristo + il cui Nome sia sempre adorato, per poi partecipare con Lui alla Sua gloriosa vittoria. Questa è la visione della Chiesa, la visione che è da accettare da noi come pienamente cattolica.
   Gloriamoci dunque di combattere sotto i Vessilli di questo Re vestito di una Corona e di una Porpora ancor più gloriosa di quella di tutti i re che hanno mai vissuto su questa terra, essendo gli strumenti dell'opera del Suo divino amore.
 
   Gloriamoci del Nostro Re per cui saremo onorati di versare la nostra vita, come Lui ha versato la Sua per noi fino all'ultima goccia, e come l'hanno fatto i Suoi gloriosi Martiri San Simone e San Giuda Taddeo. Gloriamoci di seguirLo in questa vita non con l'arroganza e la superbia, bensì nella profondissima umiltà, portando la nostra croce dietro a Lui, consapevoli solo della Sua infinita Maestà e della nostra iniquità che l'ha messo in Croce. E seguendoLo così nell'umiltà, rinnegandoci e portando la nostra croce, vinceremo nella battaglia contro i nostri nemici, e trionferemo e regneremo poi con Lui per sempre nella gloria della Patria Celeste.
                     Amen.
                     In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.
 
Sia lodato Gesù Cristo +




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venerdì 9 novembre 2012

Annus Fidei Breve storia del Catechismo



- Annus Fidei Breve storia del Catechismo

Tanti conoscono il termine "Catechismo" ma pochi conoscono forse come questo si sia affermato nella Chiesa, l'importanza che ha avuto e perchè il santo Padre Benedetto XVI insiste così tanto affinchè questo strumento sia più conosciuto, amato, studiato e divulgato....
Vi offriamo un breve excursus adatto a tutte le età e utile in ogni occasione.
http://www.gloria.tv/?media=357546

Vi ricordiamo che abbiamo inserito una serie sul contenuto del Catechismo e che troverete in questi collegamenti:

1. http://www.gloria.tv/?media=342663 insegnamento
2. http://www.gloria.tv/?media=343572 tradizione
3. http://www.gloria.tv/?media=344261 la fede
4. http://www.gloria.tv/?media=344798 Maria Santissima
5. http://www.gloria.tv/?media=345708 Formule della Fede
6. http://www.gloria.tv/?media=346526 Inferno
7. http://www.gloria.tv/?media=347752 Purgatorio Paradiso
8. http://www.gloria.tv/?media=348890 Pater Noster


Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org

 







giovedì 1 novembre 2012

Media Vita in morte sumus



Media vita in morte sumus
Quem quærimus adjutorem nisi te, Domine?
Qui pro peccatis nostris juste irasceris
Sancte Deus, Sancte fortis, Sancte et misericors Salvator,
Amaræ morti ne tradas nos.

In Te speraverunt Patres nostri,

speraverunt et liberasti eos.
Sancte Deus, Sancte fortis, Sancte et misericors Salvator,
Amaræ morti ne tradas nos.

Ad Te clamaverunt Patres nostri,

clamaverunt et non sunt confusi.
Sancte Deus, Sancte fortis, Sancte et misericors Salvator,
Amaræ morti ne tradas nos.

Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto:

Sancte Deus, Sancte fortis, Sancte et misericors Salvator,
Amaræ morti ne tradas nos.


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traduzione

Il mezzo alla vita siamo nella morte
Da chi dobbiamo cercare soccorso se non da Te, o Signore?
Che per i nostri peccati, giustamente sei contrariato.
Santo Dio, Santo Forte, o Santo e misericordioso Salvatore,
Non ci dare una morte amara.

In Te i nostri Padri hanno sperato,
e sperando li hai liberati.
Santo Dio, Santo Forte, o Santo e misericordioso Salvatore,
Non ci dare una morte amara.

A Te hanno invocato, i nostri Padri
invocarono, e non rimasero delusi.
Santo Dio, Santo Forte, o Santo e misericordioso Salvatore,
Non ci dare una morte amara.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo:
Santo Dio, Santo Forte, o Santo e misericordioso Salvatore,
Non ci dare una morte amara.



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- Canto Preghiera Karaoke Media Vita in morte sumus

Cari amici,
dopo avervi offerto la Catechesi del Papa sulla Commemorazione dei Defunti,
http://www.gloria.tv/?media=211479
e il canto Preghiera in formato Karaoke della Sequenza per i Defunti, il famoso Dies Irae
http://www.gloria.tv/?media=211801

vi offriamo ora un altro canto commovente che ci invita ad avere attenzione sulla nostra sorte e a ricordarci dei nostri amati Defunti, delle Anime del Purgatorio.
http://www.gloria.tv/?media=354265



 











giovedì 18 ottobre 2012

100 anni fa il Catechismo S.Pio X

I cento anni del Catechismo di san Pio X


Il 18 ottobre del 1912 il santo Papa approvò la nuova edizione del Catechismo della dottrina cattolica, prescritta a tutta la provincia ecclesiastica di Roma

di Giuseppe Adernò

ROMA, giovedì, 18 ottobre 2012 (ZENIT.org) - Sono trascorsi cento anni dalla pubblicazione del primo catechismo che porta il nome di San Pio X, formidabile impresa editoriale, straordinario sussidio contro l’ignoranza religiosa, strumento di educazione e di dottrina che ha accompagnato per i sentieri della fede intere generazioni , attuale anche oggi, in riposta al sempre dilagante relativismo che spadroneggia in ogni dove, lasciando mano libera al “fai da te” anche nei confronti della religione.

Era il 18 ottobre del 1912 quando il santo Papa Pio X (1813-1914) approvò la nuova edizione del Catechismo della dottrina cattolica, prescritta a tutta la provincia ecclesiastica di Roma, scrivendo: «Fin dai primordi del nostro Pontificato rivolgemmo la massima cura all’istruzione religiosa del popolo cristiano e in particolare dei fanciulli, persuasi che gran parte dei mali che affliggono la Chiesa provengono dall’ignoranza della sua dottrina e delle sue leggi».

In un’intervista al settimanale “30 Giorni” nel 2003, l’allora cardinale Ratzinger, oggi Benedetto XVI ha dichiarato che: «La fede come tale è sempre identica. Quindi anche il Catechismo di san Pio X conserva sempre il suo valore. (…) questo non esclude che ci possano essere persone o gruppi di persone che si sentano più a loro agio col Catechismo di san Pio X. che può essere considerato una perfetta sintesi della dottrina cattolica che il Santo Padre Pio X fece realizzare, rielaborando un testo che egli, aveva già scritto, quando era Vescovo di Mantova.

Da catechista e da giovane parroco aveva ben compreso la ragione e l’importanza dell’insegnamento della dottrina: la prima pietra per edificare la dimora cristiana di ciascuna anima. Se la dimora non ha fondamenta la Fede diventa puro sentimento religioso e le scelte di vita sono spesso slegate dai principi della Chiesa, operando senza regole e senza punti fermi di riferimento.

Nella nota introduttiva del “catechismo minimo” si legge inoltre che “i genitori e i padroni (datori di lavoro) sono obbligati a procurare che i loro figli o dipendenti imparino la Dottrina cristiana e se trascurano tale obbligo si rendono colpevoli davanti a Dio”

Il senso di obbligo ed il connesso “rendersi colpevoli davanti a Dio” manifesta chiaramente la ferma volontà nel portare avanti un progetto di educazione cristiana che non doveva escludere nessuno e che per i poveri e gli operai costituiva la prima occasione di incontro con la fede e con la formazione religiosa, capace di dare senso e risposta alla propria vita

L’imponente lavoro venne realizzato con l’ausilio di una Commissione per assicurare, con espressioni linguistiche appropriate, la facilità di comprensione, nonostante la profonda consistenza dei concetti espressi. Il metodo adottato fu quello della formulazione di singole domande brevi con relative risposte incisive ed essenziali
Nel 1930 fu elaborata inoltre un’edizione ridotta, indirizzata ai bambini e ai ragazzi che conteneva un numero inferiore di domande e risposte che nei corsi di catechismo venivano fatte imparare proprio a memoria con l’obiettivo che rimanesse impressa la dottrina, senza dubbi o confusioni di sorta. Questa architettura sintetica, chiara ed immediata, ha prodotto eccellenti risultati nelle generazioni di italiani che a questa scuola si sono formati.

Dopo il Concilio Vaticano II, il Catechismo di san Pio X cadde generalmente in disuso e a partire dagli anni Settanta fu progressivamente abbandonato. (veramente fu abusivamente vietato....nota mia)

Il Catechismo di san Pio X potrà avere anche in futuro degli amici “si legge nell’articolo del cardinale Ratzinger (2003) e nell’Anno della fede che celebra il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticani II e il ventennale del Catechismo della Chiesa cattolica non si può dimenticare il primo centenario del Catechismo di San Pio X, libro “mastro” e guida del catechista che, come scriveva il beato Giacomo Alberione, fondatore della Compagnia di San Paolo, dovrebbe possedere le seguenti abilità e competenze: “essere pio, istruito, esemplare; conoscere bene ciò che deve insegnare e possedere delle qualità nel il modo d’insegnare; saper organizzare la sua classe e le classi di catechismo, luogo di studio e di apprendimento, ma soprattutto deve amare le anime e non risparmiare nulla per esse (…) operando così un grande bene tra la gioventù e gli adulti, nonostante tutte le accresciute difficoltà di oggi, che sono realmente tante e gravi».

“Per i suoi effetti benefici sui bambini e su tutti i cattolici, il valore storico e culturale del Catechismo di San Pio X non è quantificabile e come tutti i capolavori che la Chiesa dona ai suoi figli, non conosce né crepe, né stagioni, ha scritto Cristina Siccardi, ed in questo Anno della fede ritorna di grande attualità il messaggio del Catechismo di San Pio X per meglio comprendere la fede in Dio che è “l’Essere perfettissimo, creatore del cielo e della terra” e per vivere secondo Dio dobbiamo “credere le verità rivelate da Lui e osservare i suoi comandamenti, con l’aiuto della sua grazia che si ottiene mediante i sacramenti e l’orazione”

Sono queste le formule di risposta alle domande guida del Catechismo e sono sempre attuali in ogni tempo, essenziali, sintetiche e vere.
A tutti noi il compito di ripassarle, esercitando la memoria e per le nuove generazioni occorrerà forse una nuova metodologia telematica ed elettronica per far apprendere tali principi basilari. Ben vengano i nuovi metodi e gli strumenti tecnologici, purché resti sempre salda la “dottrina”.


  Ricordiamo anche il Compendio del Catechismo aggiornato da papa Benedetto XVI

domenica 7 ottobre 2012

Annus Fidei con Maria e il Suo Rosario

Cari fratelli e sorelle,
anche questa piccola "oasi" nel grande oceano di internet, si sta preparando per vivere degnamente questo Anno propizio e di grazia che la santa Chiesa, per mezzo dell'adorabile Divin Maestro e Sposo, nostro Signore Gesù Cristo + ci ha offerto.

Il nostro caro Padre Konrad sta preparando per l'occasione una serie di catechesi che saranno offerte in un apposito spazio di cui vi daremo poi riferimento.

Nell'attesa invitiamo tutti a raccogliere la Consacrazione a Maria che tanti Santi ci hanno insegnato, così come lo stesso Sommo Pontefice ha fatto il 4 ottobre scorso, recandosi a Loreto, per affidare alla Vergine Santissima, l'Anno della Fede e il Sinodo oramai prossimi.

PAROLE DEL SANTO PADRE ALLA RECITA DELL'ANGELUS
Santa Messa apertura Sinodo Nuova Evangelizzazione per la professione della Fede Cattolica
7.10.2012


Cari fratelli e sorelle,

ci rivolgiamo ora in preghiera a Maria Santissima, che oggi veneriamo quale Regina del Santo Rosario. In questo momento, nel Santuario di Pompei, viene elevata la tradizionale «Supplica», a cui si uniscono innumerevoli persone nel mondo intero.
Mentre anche noi ci associamo spiritualmente a tale corale invocazione, vorrei proporre a tutti di valorizzare la preghiera del Rosario nel prossimo Anno della fede.

Con il Rosario, infatti, ci lasciamo guidare da Maria, modello di fede, nella meditazione dei misteri di Cristo, e giorno dopo giorno siamo aiutati ad assimilare il Vangelo, così che dia forma a tutta la nostra vita. Pertanto, nella scia dei miei Predecessori, in particolare del Beato Giovanni Paolo II che dieci anni fa ci diede la Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, invito a pregare il Rosario personalmente, in famiglia e in comunità, ponendoci alla scuola di Maria, che ci conduce a Cristo, centro vivo della nostra fede.
 



 


Coloro che più di tutti hanno capito, amato e venerato il Rosario come «dono di Maria» sono stati i Santi.
Nel corso di questi otto secoli, essi hanno amato il Rosario con amore di vera predilezione, collocandolo al posto d'onore accanto al Tabernacolo e al Crocifisso, accanto al Messale e al Breviario.


Troviamo il S. Rosario sul tavolo di lavoro di Dottori della Chiesa come S. Lorenzo da Brindisi, S. Pietro Canisio, S. Roberto Bellarmino, S. Teresa di Gesù, S. Francesco di Sales, S. Alfonso M. de' Liguori.
 Lo troviamo fra le mani di apostoli ardenti come S. Carlo Borromeo, S. Filippo Neri, S. Francesco Saverio, S. Luigi Grignion de Montfort, e tanti altri; lo troviamo al collo di Fondatori come S. Ignazio di Loyola e S. Camillo de Lellis; di Sacerdoti come il S. Curato d'Ars e S. Giuseppe Cafasso; di Suore come S. Margherita, S. Bernardetta, S. Maria Bertilla; di giovani come S. Stanislao Kostka, San Giovanni Berchmans e S. Gabriele dell'Addolorata.
Da S. Domenico a S. Maria Goretti, da S. Caterina a S. Massimiliano M. Kolbe, ai Servi di Dio Giacomino Gaglione, P. Pio da Pietrelcina, Don Dolindo Ruotolo, è stata una gloriosa teoria di eletti che hanno fatto della corona benedetta un'arma di conquista, una scala di ascensioni, una ghirlanda d'amore, una catena di meriti, una collana di grazie per sé e per gli altri.

Se vogliamo amare il Rosario nel modo più puro e più gradito alla Madonna, dobbiamo andare alla scuola dei Santi, che sono i figli prediletti della Madonna. Essi hanno amato tanto il Rosario ed essi ci assicurano, con S. Teresina, che «non c'è preghiera più gradita a Dio del Rosario».

( da IL SANTO ROSARIO E I SANTI  di P. Stefano M. Manelli Fondatore dei Frati dell'Immacolata di san Padre Kolbe)
Casa Mariana Madonna del Buon Consiglio  - 83040 Frigento (AV)

sabato 6 ottobre 2012

Chi rema davvero contro la Chiesa e il Papa?

" Chi rema davvero contro la Chiesa e il Papa? "

Da un rione romano ( ...) abbiamo ricevuto e pubblichiamo . 
 
" Non se ne può davvero più! 
E' un continuo tam-tam che davvero conduce alle affermazioni più assurde. 
Stiamo parlando non della rievocazione, in se, dell'11 ottobre 1962, apertura del Concilio Vaticano II, ma di come viene ancora presentato questo evento in barba agli appelli ed agli insegnamenti del Pontefice Benedetto XVI che lo ha posto in una chiave di lettura - seppur conciliante - racchiusa in quella ermeneuta "della continuità"
Veniamo ai fatti. TV2000 (Tv dei Vescovi della CEI) ha riproposto un video non proprio nuovo in cui le due voci principali fanno a gara per presentare l'evento come di qualcosa "mai avvenuta nella Chiesa", un fatto "nuovo", arrivando ad usare espressioni davvero inaccettabili. 
Giovanni XXIII, il grande Papa che avrebbe finalmente "cambiato la Chiesa". Ma come, non è insegnato dalla dottrina che è la Chiesa che ci cambia interiormente? 
Non è la Chiesa che santifica? 
E che cosa significa "cambiare la Chiesa" per questi catto-progressisti duri a convertirsi? 
Nell'Atto di Fede non diciamo forse di "credere in tutto ciò che la Chiesa ci propone a credere"? E come può una Chiesa insegnare infallibilmente se ad un certo punto della sua storia deve cambiare perché si vergogna del proprio passato? 
Lo stesso simbolo della Fede è "Credo la Chiesa..." ma come si fa a credere ad una Chiesa che dovrebbe cambiare perché a qualche gruppo così, come Essa era, non piace più? 
Ma se il Papa Benedetto XVI nel MP Porta Fidei scrive: 
"E’ proprio in questo orizzonte che l’Anno della fede dovrà esprimere un corale impegno per la riscoperta e lo studio dei contenuti fondamentali della fede che trovano nel Catechismo della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica. 
Qui, infatti, emerge la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito ed offerto nei suoi duemila anni di storia. 
Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai Maestri di teologia ai Santi che hanno attraversato i secoli, il Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai credenti nella loro vita di fede", con quale criterio usare ancora termini ambigui come "cambiamento"? 
In che cosa sarebbe cambiata se il Papa stesso si batte per l'ermeneutica della continuità? 
Al n.30 del Compendio del Catechismo, alla voce noi crediamo si legge: " È infatti la Chiesa che crede: essa in tal modo, con la grazia dello Spirito Santo, precede, genera e nutre la fede del singolo cristiano. 
Per questo la Chiesa è Madre e Maestra". 
Come fa ad essermi quell'una Madre e Maestra che " precede, genera e nutre " se si pretende di cambiarla? E' ovvio che così si finisce per creare una nuova immagine di Chiesa che inevitabilmente andrà a scontrarsi con l'immagine della Chiesa del passato. 
Un conto sono le riforme, il rinnovamento, l'arricchimento, e queste sono sempre benvenute, ma altra cosa è parlare di cambiamento. Una curiosità: in tutti i discorsi tenuti da Giovanni XXIII, sul Concilio, in nessuno egli parla di "cambiamento". 
Veniamo all'altra frase odiosa ripetuta centinaia di volte , come una specie di messaggio subliminale, lungo il video: la Chiesa, dopo Giovanni XXIII non sarà più la stessa! 
Senza dubbio molte cose sono cambiate ma questo perché la Chiesa visibile è fatta dalle membra che vivono il proprio momento storico: noi non siamo certo come i fedeli di trecento anni fa (esteriormente parlando), ne possiamo dire che rappresentiamo i fedeli del futuro, la modernità è proprio specifica al momento storico che vive, non è ne passato ne futuro, ma è il presente. 
Noi forse potremmo dire che oggi siamo uguali alla Chiesa del secondo, quarto o decimo secolo? 
O che al Concilio di Trento la Chiesa era uguale -parliamo sempre di esteriorità e modi- alla Chiesa che si presentava al Concilio di Efeso? 
Forse che una santa Teresina del Bambin Gesù desiderava stare in una Chiesa diversa da quella che stava vivendo nel suo momento storico? 
Tuttavia qui nel video si insinua proprio il dubbio che non sia cambiata semplicemente l'esteriorità, ma il contenuto, e questo è grave, ed è grave che TV2000, dei Vescovi italiani, non dica nulla in merito e senza portare avanti le correzioni fatte dal santo Padre, ma lascia che il tutto continui ad essere vissuto con disgustoso sentimentalismo, portando l'ingenuo fedele a credere che davvero prima del Concilio c'era una Chiesa odiosa, una matrigna, Papi cupi e cattivi. 
Come se bastasse ripartire da una fiaccolata non per commemorare, attenzione, ma per "rivivere" quella serata "magica" del "discorso alla Luna"...., ma si dice anche "discorso della Luna", no scusate, ma il Papa era un esoterico, un astrologo? 
Ci si raduna per ricordare quell'evento, ma non stiamo rasentando l'idolatria, il culto del sensazionalismo, magari anche con qualche goccia di fideismo, o paganesimo? 
E' stato dato l'ordine di convogliare numerosi fedeli per la fiaccolata che ricorderà "il discorso alla Luna", mentre risulta da qualche parte che è stato boicottato il coinvolgimento di più persone per l'incontro a Loreto ( ??? ??? interessante argomento da approfondire al più presto N.d.R. ) con il Papa che affidava l'Anno della Fede alla Madonna di Loreto
Lì avremmo dovuto vedere fiaccolate e fiumi di fedeli, sacerdoti e prelati, ma le immagini stesse rivelano la scarsissima partecipazione e la stessa TV2000 che ha solo trasmesso la diretta della Messa. 
No! 
Tutti a Roma invece per commemorare il "discorso alla Luna" e i Media ci bombarderanno con le dirette! Guardando in positivo, hai visto mai che con il flusso delle alte e basse maree, effettivamente, la Luna non finirà per dare una mano a sommergere questa sindrome delle commemorazioni sentimentaliste? 
La voce nel video rincara la dose e dice: dopo che la Chiesa si era costituita in una torre d'avorio dentro la società, dopo aver guardato alla modernità con sospetto, condannandola, finalmente è arrivato un Papa, anziano, che ha avuto il coraggio di spezzare questa torre.... e scendere così, finalmente, nella modernità. 
Qui c'è un errore di fondo, se non proprio malafede, la Chiesa non ha mai condannato la "modernità o il progresso" ma il "modernismo e il progressismo", termini che portano a problematiche completamento diverse. 
Certo che si è guardato "con sospetto" alla modernità, proprio per valutare più saggiamente l'infiltrazione del modernismo, vera piaga per il mondo. 
Quindi, prosegue il video che: questo Papa anziano, anche lui sospettoso verso la modernità, con coraggio ed anche con qualche spregiudicatezza.... 
Ma che significa "con qualche spregiudicatezza"? 
L'evento di un Concilio non era una novità per la Chiesa, così come non lo sarebbero stati i problemi che sarebbero sorti. 
Nel Compendio al n.512, leggiamo: "Per questo la Chiesa rifiuta le ideologie associate nei tempi moderni al «comunismo» o alle forme atee e totalitarie di «socialismo». Inoltre, essa rifiuta, nella pratica del «capitalismo», l'individualismo e il primato assoluto della legge del mercato sul lavoro umano". 
Ma questo fratelli e sorelle carissimi è il volto del modernismo che la Chiesa infatti rigetta, non è la modernità correttamente intesa nel suo benefico progresso! 
Quindi in cosa sarebbe "cambiata la Chiesa" se quanto condannava ieri continua a condannare oggi? 

Nel 29.Novembre.2007, in un Convegno tenuto alla Pontificia Università di san Tommaso per i Cento anni della Pascendi Dominicis grecis di San Pio X (8. Settembre 1907) monsignor Luigi Negri, Vescovo di San Marino e Montefeltro al quale è stato affidato il discorso di chiusura, ha riportato il problema dell’equivoco post-conciliare ricordando la condanna della “ermeneutica della discontinuità” da parte di Papa Benedetto XVI. “L'errore di una ermeneutica della rottura, della discontinuità, che vede il Vaticano II come l’alba di una nuova chiesa”, ha commentato. 
San Pio X – ha affermato mons. Negri – ha dimostrato come tutte quelle correnti vicine al razionalismo e al modernismo portano inevitabilmente all’ateismo. 
Esse rappresentano un impietoso tentativo di eliminare Dio dalla considerazione della vita e della società. Se si elimina il divino, l’uomo diventa oggetto di manipolazione in tutti i sensi (...) 
I totalitarismi non sono stati ‘incidenti di percorso’ ma consapevoli e deliberate costruzioni di società senza Dio”. “Oggi ci troviamo di fronte a una battaglia epocale tra una concezione autentica e una concezione razionalista e ‘massonica’ della Chiesa – ha proseguito il presule –. 
Parimenti c’è un ecumenismo giusto, quello che affianca al dialogo la missione e un ecumenismo ‘d’accatto’ che contrappone dialogo e missione”. 
All’inizio del secolo attuale, nell’anno giubilare è stata pubblicata la dichiarazione Dominus Jesus che indica chiaramente nella Chiesa la fonte della verità: auspichiamo che insieme al Sillabo e alla Pascendi, anche la Dominus fra cento anni possa essere ricordato come il documento magisteriale che ha impedito la dissoluzione del cattolicesimo nel mondo”, ha poi concluso mon. Negri. 

La voce nel video dice ancora: Papa Giovanni XXIII credeva positivamente nelle novità del mondo, vedeva positivamente il progresso.... 
Quale Papa in passato non ha mai guardato con sospetto, che noi definiamo teologicamente "prudenza" ciò che poi si univa al progresso della società in cui viveva? 
E al contempo guardava con favore al vero progresso?

Mons. Luigi Maria Carli (1914-1986) già Vescovo di Segni e Gaeta, ha scritto nel 1969 "Nova et Vetera, Tradizione e progresso nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, ad un certo punto scrive: 
"Si ripete spesso, con l’aria, quasi di chi alza la voce per farsi coraggio: “Non sono più i tempi degli scismi! Roba del passato!”. 
Fosse vero. 
Ma perché mai gli scismi non sarebbero oggi più possibili? 
Dove sta scritto? 
Chi l’ha decretato? E non dimentichiamo che, ancorché non più dichiarati formalmente, come un tempo, mediante la pubblica affissione di tesi ereticali da una parte e bolle di scomunica dall’altra, gli scismi più insidiosi e deleteri rimangono quelli negati a parole ma esistenti nei fatti. 
La conclamata volontà di certi novatori di “andare avanti restando nella Chiesa” potrebbe anche significare il deliberato proposito di giuocare allo svuotamento del cristianesimo dal di dentro, di “portare l’infedeltà nel cuore stesso della Chiesa”
Costoro potrebbero rimanere dentro le strutture, perché gli riesca più facile “non solamente interpretare la realtà della Chiesa, ma cambiarla, alla luce del vangelo di Gesù Cristo”. 
Questo fenomeno — riconosciamolo pure, con sincerità — non avveniva dopo i Concili del passato, quando i contestatori del magistero ecclesiastico se ne separavano apertamente. 
Così, almeno, la nettezza delle posizioni assicurava la purezza della fede dei cattolici!
Trovo scritto che lo sbalordimento prodotto dai fenomeni che avvengono oggi nella Chiesa “non arriverà certo al vertice parossistico quale lo vide S. Girolamo, quando nel 350, dopo furiosi dibattiti politico-conciliari, rivelò che il mondo intero, addolorato, era stupito di ritrovarsi ariano”. 
Non arriverà certo... 
Ma donde tanta certezza? 
Perché non potrebbe accadere, poniamo tra qualche decennio, che un secondo S. Girolamo fosse costretto a riconoscere, gemendo, che l’intera cristianità non si ritrova più cristiana?"

***
Alla luce di queste parole ed ascoltando i Papi che parlano di scristianizzazione, apostasia, ed oggi l'indizione di un Anno della Fede, come non essere autorizzati a pensare come allora pensava san Girolamo e rivelare che il mondo intero non è neppure più stupito di ritrovarsi ateo? 
A cosa mi serve il cortile dei gentili, sul sacrato di una Basilica, dove un cardinale non parla per convertire, ma per passare il tempo in amicizia, e dove l'ospite, felice di essere ateo, conversa amichevolmente con un principe della Chiesa di moralità e viene pur applaudito? 
E' questo il cambiamento che voleva lo Spirito Santo? 
Se è si, allora a cosa mi serve un Anno della Fede? 
Per quale motivo dovrei impegnarmi se esiste una corte dei gentile nella quale posso esternare il mio ateismo ed essere applaudito per questo da un Cardinale della Chiesa? 
Se è no, allora cosa mi serve andare a fare una fiaccolata per ricordare un discorso "alla Luna" mentre milioni di bambini continuano ad essere uccisi per la legge sull'aborto che l'ospite alla corte dei gentili non ha mai menzionato parlando di morale? 
Scriveva con profetico monito mons. Carli sopra riportato: "
Ma tra i “segni dei tempi” registriamo ancor questo, con stupore e dolore: il nessun conto che fanno molti cattolici, chierici e laici, della parola del Papa, quando non la coprono d’irriverente sarcasmo o non ne fanno segno di contraddizione!" 
 La regola dello sviluppo nella Chiesa tra il concetto di PROGRESSO E TRADIZIONE, la troviamo formulata -citata anche dallo stesso Benedetto XVI- fin dall’anno 434 in un’opera di S. Vincenzo Lirinense: 
Dirà forse qualcuno: Non si dà, dunque, progresso alcuno della religione nella Chiesa di Cristo? 
Altroché se si dà, e grandissimo! Chi vorrà essere tanto ostile agli uomini e tanto odioso a Dio da tentare di impedire un simile progresso? 
Però avvenga in modo tale da esser veramente un progresso della fede e non un’alterazione. 
Progredire, infatti, significa che una cosa si amplifica rimanendo se stessa; mutamento, invece, significa che una cosa passa a diventare un’altra cosa. 
È necessario, dunque, che crescano — e crescano molto gagliardamente — col passare delle generazioni e dei tempi l’intelligenza e la scienza e la sapienza della fede sia nel singolo sia presso la comunità, sia in ciascun cristiano sia in tutta la Chiesa: però la crescita della fede avvenga soltanto ferma restando la sua propria natura, cioè entro l’ambito dello stesso dogma, nel medesimo significato e nella medesima sentenzain suo dumtaxat genere, in eodem scilicet dogmate, eodem sensu eademque sententia” (Commonitorium,23 -PL50,667). 
Quello che rattrista è che proprio ai Vescovi della CEI, che non mandano in onda queste parole su TV2000, il Papa Benedetto XVI aveva ripetuto il 24 maggio 2012:
«Quel che più di tutto interessa il Concilio è che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace», affermava il Beato Papa Giovanni XXIII nel discorso d’apertura. E vale la pena meditare e leggere queste parole. 
Il Papa impegnava i Padri ad approfondire e a presentare tale perenne dottrina in continuità con la tradizione millenaria della Chiesa, «trasmettere pura ed integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti», ma in modo nuovo, «secondo quanto è richiesto dai nostri tempi» (Discorso di solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962). 
Questa è l'unico "discorso" che dobbiamo commemorare, non il discorso alla Luna ".


mercoledì 19 settembre 2012

Credo Domine Inno Annus Fidei



 Anno Fidei Inno Credo Domine karaoke italiano

Ricordiamo a tutti gli Amici che il sito ufficiale http://www.annusfidei.va/content/novaevangelizatio/it.html
ha pubblicato l'Inno ufficiale ma solo il testo. Noi abbiamo trovato l'audio in francese e con il formato karaoke per il testo in italiano, abbiamo pensato di offrirvelo con immagini significative che possano aiutarci a rientrare in quell'ottica di "devozione" cattolica che davvero, se ben fatta, aiuta la nostra fede a rifiorire....
Abbiamo iniziato il video con un accenno al nostro santo Padre Domenico, Lumen Ecclesiae, per volgere la nostra attenzione sull'importanza dell'evenagelizzazione in ogni tempo, e per non ridurre l'Inno ad una semplice canzonetta....

http://www.gloria.tv/?media=334706


c'è anche il cllegamento su youtube:
http://www.youtube.com/watch?v=hcFgvH0EjVw



CREDO, DOMINE
Inno per l’Anno della Fede


Camminiamo, carichi di attese,
a tentoni nella notte.
Tu ci incontri nell’Avvento della storia,
sei per noi il Figlio dell’Altissimo.
Credo, Domine ! Credo.
Con i santi, che camminano fra noi,
Signore, noi ti chiediamo:
adauge, aduage nobis fidem !

Credo, Domine,
adauge, adauge nobis fidem !

Camminiamo, deboli e sperduti,
senza il pane quotidiano.
Tu ci nutri con la luce del Natale,
sei per noi la stella del mattino.
Credo, Domine ! Credo
Con Maria, la prima dei credenti,
Signore, noi ti preghiamo:
adauge, adauge nobis fidem !

Credo, Domine,
adauge,  nobis fidem !

Camminiamo, stanchi e sofferenti,
le ferite ancora aperte.
Tu guarisci chi ti cerca nei deserti,
sei per noi la mano che risana.
Credo, Domine ! Credo.
Con i poveri, che attendono alla porta,
Signore, noi t’invochiamo:
adauge, adauge nobis fidem !

Credo. Domine,
adauge,  nobis fidem !

Camminiamo, sotto il peso della croce,
sulle orme dei tuoi passi.
Tu risorgi nel mattino della Pasqua,
sei per noi il Vivente che non muore.
Credo, Domine ! Credo.
Con gli umili, che vogliono rinascere,
Signore, noi ti supplichiamo:
adauge, aduage nobis fidem !

Credo, Domine,
adauge,  nobis fidem !

Camminiamo, attenti alla chiamata
di ogni nuova Pentecoste.
Tu ricrei la presenza di quel soffio,
sei per noi la Parola del futuro.
Credo, Domine ! Credo
Con la Chiesa, che annuncia il tuo Vangelo,
Signore, noi ti domandiamo:
adauge, adauge nobis fidem !

Credo, Domine,
adauge,  nobis fidem !

Camminiamo, ogni giorno che ci doni,
con gli uomini fratelli.
Tu ci guidi per le strade della terra,
sei per noi la speranza della meta.
Credo, Domine ! Credo
Con il mondo, dove il Regno è in mezzo a noi,
Signore, noi ti gridiamo:
adauge, adauge nobis fidem !

Credo, Domine,
adauge, nobis fidem !


Movimento Domenicano della Fede
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org


 


 





giovedì 13 settembre 2012

Esaltazione della Croce e Maria Addolorata


Dalla Liturgia delle Ore, per la Festa della Esaltazione della Croce, Preghiamo e facciamo RUMINATIO, ossia meditazione...

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo
(Disc. 10 sull'Esaltazione della santa croce; PG 97, 1018-1019. 1022-1023).

La croce è gloria ed esaltazione di Cristo

Noi celebriamo la festa della santa croce, per mezzo della quale sono state cacciate le tenebre ed è ritornata la luce. Celebriamo la festa della santa croce, e così, insieme al Crocifisso, veniamo innalzati e sublimati anche noi. Infatti ci distacchiamo dalla terra del peccato e saliamo verso le altezze. È tale e tanta la ricchezza della croce che chi la possiede ha un vero tesoro. E la chiamo giustamente così, perché di nome e di fatto è il più prezioso di tutti i beni. È in essa che risiede tutta la nostra salvezza. Essa è il mezzo e la via per il ritorno allo stato originale.

Se infatti non ci fosse la croce, non ci sarebbe nemmeno Cristo crocifisso. Se non ci fosse la croce, la Vita non sarebbe stata affissa al legno. Se poi la Vita non fosse stata inchiodata al legno, dal suo fianco non sarebbero sgorgate quelle sorgenti di immortalità, sangue e acqua, che purificano il mondo. La sentenza di condanna scritta per il nostro peccato non sarebbe stata lacerata, noi non avremmo avuto la libertà, non potremmo godere dell'albero della vita, il paradiso non sarebbe stato aperto per noi. Se non ci fosse la croce, la morte non sarebbe stata vinta, l'inferno non sarebbe stato spogliato.

È dunque la croce una risorsa veramente stupenda e impareggiabile, perché, per suo mezzo, abbiamo conseguito molti beni, tanto più numerosi quanto più grande ne è il merito, dovuto però in massima parte ai miracoli e alla passione del Cristo. È preziosa poi la croce perché è insieme patibolo e trofeo di Dio. Patibolo per la sua volontaria morte su di essa. Trofeo perché con essa fu vinto il diavolo e col diavolo fu sconfitta la morte. Inoltre la potenza dell'inferno venne fiaccata, e così la croce è diventata la salvezza comune di tutto l'universo.

La croce è gloria di Cristo, esaltazione di Cristo. La croce è il calice prezioso e inestimabile che raccoglie tutte le sofferenze di Cristo, è la sintesi completa della sua passione. Per convincerti che la croce è la gloria di Cristo, senti quello che egli dice: «Ora il figlio dell'uomo è stato glorificato e anche Dio è stato glorificato in lui, e subito lo glorificherà » (Gv 13,31-32).
E di nuovo: «Glorificami, Padre, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17,5). E ancora: «Padre glorifica il tuo nome. Venne dunque una voce dal cielo: L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò» (Gv 12,28), per indicare quella glorificazione che fu conseguita allora sulla croce. Che poi la croce sia anche esaltazione di Cristo, ascolta ciò che egli stesso dice: «Quando sarò esaltato, allora attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Vedi dunque che la croce è gloria ed esaltazione di Cristo.

Responsorio   
R. Croce gloriosa, dai tuoi rami pendeva il prezzo della nostra libertà; * per mezzo tuo il mondo è redento con il sangue del Signore.
V. Salve, croce, consacrata dal corpo di Cristo; le sue membra su di te risplendono come gemme;
R. per mezzo tuo il mondo è redento con il sangue del Signore.


Te Deum laudámus: * te Dóminum confitémur.
Te ætérnum Patrem, * omnis terra venerátur.
Tibi omnes ángeli, * tibi cæli et univérsæ potestátes:
tibi chérubim et séraphim * incessábili voce proclámant:

Sanctus, * Sanctus, * Sanctus * Dóminus Deus Sábaoth.
Pleni sunt cæli et terra * maiestátis glóriæ tuæ.
Te gloriósus * Apostolórum chorus,
te prophetárum * laudábilis númerus,
te mártyrum candidátus * laudat exércitus.

Te per orbem terrárum * sancta confitétur Ecclésia,
Patrem * imménsæ maiestátis;
venerándum tuum verum * et únicum Fílium;
Sanctum quoque * Paráclitum Spíritum.

Tu rex glóriæ, * Christe.
Tu Patris * sempitérnus es Fílius.
Tu, ad liberándum susceptúrus hóminem, * non horruísti Vírginis úterum.
Tu, devícto mortis acúleo, * aperuísti credéntibus regna cælórum.
Tu ad déxteram Dei sedes, * in glória Patris.
Iudex créderis * esse ventúrus.

Te ergo quæsumus, tuis fámulis súbveni, * quos pretióso sánguine redemísti.
Aetérna fac cum sanctis tuis * in glória numerári.
Salvum fac pópulum tuum, Dómine, * et bénedic hereditáti tuæ.
Et rege eos, * et extólle illos usque in ætérnum.
Per síngulos dies * benedícimus te;
et laudámus nomen tuum in sæculum, * et in sæculum sæculi.

Dignáre, Dómine, die isto * sine peccáto nos custodíre.
Miserére nostri, Dómine, * miserére nostri.
Fiat misericórdia tua, Dómine, super nos, * quemádmodum sperávimus in te.
In te, Dómine, sperávi: * non confúndar in ætérnum








Il santo Padre Benedetto XVI, ha ricordato in questi anni  la festa dell’Esaltazione della Santa Croce e il giorno seguente la Madonna Addolorata con queste parole:

“Cari amici, domani celebreremo la festa dell’Esaltazione della Santa Croce, e il giorno seguente la Madonna Addolorata.La Vergine Maria, che credette alla Parola del Signore, non perse la sua fede in Dio quando vide il suo Figlio respinto, oltraggiato e messo in croce. Rimase piuttosto accanto a Gesù, soffrendo e pregando, fino alla fine. E vide l’alba radiosa della sua Risurrezione. Impariamo da Lei a testimoniare la nostra fede con una vita di umile servizio, pronti a pagare di persona per rimanere fedeli al Vangelo della carità e della verità, certi che nulla va perso di quanto facciamo”. (Angelus 14.9.2009)
Una ricorrenza, ha detto il Papa all’Angelus, che ci spinge a “testimoniare la nostra fede con una vita di umile servizio, pronti a pagare di persona per rimanere fedeli al Vangelo della carità e della verità”.

Ripercorriamo alcuni insegnamenti di Benedetto XVI sulla centralità della Croce nella vita di ogni cristiano:

“Il segno della Croce è in qualche modo la sintesi della nostra fede perché ci dice quanto Dio ci ha amati; ci dice che, nel mondo, c’è un amore più forte della morte”
 “Per essere guariti dal peccato, guardiamo il Cristo crocifisso!”, esortava Sant’Agostino.
La Chiesa, afferma il Pontefice, ci invita “ad elevare con fierezza questa Croce gloriosa affinché il mondo possa vedere fin dove è arrivato l’amore del Crocifisso per gli uomini”, il segno della Croce è “il gesto fondamentale della preghiera del cristiano”:
 “Segnare se stessi con il segno della Croce è pronunciare un sì visibile e pubblico a Colui che è morto per noi e che è risorto, al Dio che nell’umiltà e debolezza del suo amore è l’Onnipotente, più forte di tutta la potenza e l’intelligenza del mondo” (Angelus, 11 settembre 2005).

“Quale mirabile cosa è mai il possedere la Croce! Chi la possiede, possiede un tesoro”, affermava Sant’Andrea di Creta. Eppure, per il mondo la Croce è scandalo, un patibolo infamante. Ma, spiega il Papa, i cristiani “non esaltano una qualsiasi croce, ma quella Croce che Gesù ha santificato con il suo sacrificio, frutto e testimonianza di un immenso amore”:
 “Cristo sulla Croce ha versato tutto il suo sangue per liberare l'umanità dalla schiavitù del peccato e della morte. Perciò, da segno di maledizione, la Croce è stata trasformata in segno di benedizione, da simbolo di morte in simbolo per eccellenza dell'Amore che vince l'odio e la violenza e genera la vita immortale” (Angelus, 17 settembre 2006).

Benedetto XVI sottolinea inoltre il legame indissolubile tra la celebrazione eucaristica e il mistero della Croce, binomio ribadito nell’Esortazione post-sinodale “Sacramentum Caritatis”:
“L’Eucaristia è mistero di morte e di gloria come la Croce, che non è un incidente di percorso, ma il passaggio attraverso cui Cristo è entrato nella sua gloria (cfr Lc 24,26) e ha riconciliato l’umanità intera, sconfiggendo ogni inimicizia”. (Angelus, 11 settembre 2005)

“Maria, presente sul Calvario presso la Croce – sottolinea Benedetto XVI – è ugualmente presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre celebrazioni eucaristiche”. Per questo, nessuno meglio di Maria può “insegnarci a comprendere e vivere con fede e amore la Santa Messa”:
 “Quando riceviamo la santa Comunione anche noi, come Maria e a lei uniti, ci stringiamo al legno, che Gesù col suo amore ha trasformato in strumento di salvezza, e pronunciamo il nostro 'Amen', il nostro 'sì' all’Amore crocifisso e risorto”. (Angelus, 11 settembre 2005)

Ecco perché alla Festa dell’Esaltazione della Santa Croce è strettamente legata la memoria liturgica della Madonna Addolorata che si celebra il giorno dopo. “Il suo dolore forma un tutt’uno con quello del Figlio”, ma - afferma il Papa -, è “un dolore pieno di fede e di amore”. Sul Calvario, infatti, la Vergine partecipa alla potenza salvifica del dolore di Cristo, “congiungendo il suo ‘fiat’, il suo ‘sì’ a quello del Figlio”:
 “Spiritualmente uniti alla Madonna Addolorata, rinnoviamo anche noi il nostro ‘sì’ al Dio che ha scelto la via della Croce per salvarci. Si tratta di un grande mistero che è ancora in atto, fino alla fine del mondo, e che chiede anche la nostra collaborazione. Ci aiuti Maria a prendere ogni giorno la nostra croce e a seguire fedelmente Gesù sulla via dell'obbedienza, del sacrificio e dell'amore”. (Angelus, 17 settembre 2006)


Seconda Lettura dalla Liturgia delle Ore Festa della Beata Vergine Addolorata

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate (Disc. nella domenica fra l'ottava dell'Assunzione 14-15; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 273-274)

La Madre di Gesù stava presso la croce

Il martirio della Vergine viene celebrato tanto nella profezia di Simeone, quanto nella storia stessa della passione del Signore. Egli è posto, dice del bambino Gesù il santo vegliardo, quale segno di contraddizione, e una spada, dice poi rivolgendosi a Maria, trapasserà la tua stessa anima (cfr. Lc 2,34-35)

Una spada ha trapassato veramente la tua anima, o santa Madre nostra! Del resto non avrebbe raggiunto la carne del Figlio se non passando per l'anima della Madre. Certamente dopo che il tuo Gesù, che era di tutti, ma specialmente tuo, era spirato, la lancia crudele non poté arrivare alla sua anima.

Quando, infatti, non rispettando neppure la sua morte, gli aprì il costato, ormai non poteva più recare alcun danno al Figlio tuo. Ma a te sì. A te trapassò l'anima. L'anima di lui non era più là, ma la tua non se ne poteva assolutamente staccare. Perciò la forza del dolore trapassò la tua anima, e così non senza ragione ti possiamo chiamare più che martire, perché in te la partecipazione alla passione del Figlio, superò di molto, nell'intensità, le sofferenze fisiche del martirio.

Non fu forse per te più che una spada quella parola che davvero trapassò l'anima ed arrivò fino a dividere anima e spirito? Ti fu detto infatti: «Donna, ecco il tuo figlio» (Gv 19,26). Quale scambio! Ti viene dato Giovanni al posto di Gesù, il servo al posto del Signore, il discepolo al posto del maestro, il figlio di Zebedeo al posto del Figlio di Dio, un semplice uomo al posto del Dio vero. Come l'ascolto di queste parole non avrebbe trapassato la tua anima tanto sensibile, quando il solo ricordo riesce a spezzare anche i nostri cuori, che pure sono di pietra e di ferro?

Non meravigliatevi, o fratelli, quando si dice che Maria è stata martire nello spirito. Si meravigli piuttosto colui che non ricorda d'aver sentito Paolo includere tra le più grandi colpe dei pagani che essi furono privi di affetto. Questa colpa è stata ben lontana dal cuore di Maria, e sia ben lontana anche da quello dei suoi umili devoti.

Qualcuno potrebbe forse obiettare: Ma non sapeva essa in antecedenza che Gesù sarebbe morto? Certo. Non era forse certa che sarebbe ben presto risorto? Senza dubbio e con la più ferma fiducia. E nonostante ciò soffrì quando fu crocifisso? Sicuramente in modo veramente terribile. Del resto chi sei mai tu, fratello, e quale strano genere di sapienza è il tuo, se ti meravigli della solidarietà nel dolore della Madre col Figlio, più che del dolore del Figlio stesso di Maria? Egli ha potuto morire anche nel corpo, e questa non ha potuto morire con lui nel suo cuore? Nel Figlio operò l'amore superiore a ogni altro amore. Nella Madre operò l'amore, al quale dopo quello di Cristo nessun altro amore si può paragonare.

Responsorio Cfr. Lc 23, 33; Gv 19, 25; Lc 2, 35
R. Quando giunsero sull'altura del Calvario, lo crocifissero. * Presso la croce di Gesù stava sua madre.
V. La spada del dolore trafisse la sua anima.
R. Presso la croce di Gesù stava sua madre.

Orazione
O Dio, tu hai voluto che accanto al tuo Figlio, innalzato sulla croce, fosse presente la sua Madre Addolorata: fa' che la tua santa Chiesa, associata con lei alla passione del Cristo, partecipi alla gloria della risurrezione. Egli è Dio e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

R. Amen.
Benediciamo il Signore.
R. Rendiamo grazie a Dio. 


 

venerdì 7 settembre 2012

Santa Messa la Consacrazione

L’imposizione delle mani  su pane e vino: l'adorazione, l'Eucaristia e la Santa Messa

Soffermiamoci  sul gesto, spesso marcato dal suono del campanello, dell'imposizione delle mani sul pane e sul vino, gesto che precede la proclamazione delle parole di consacrazione: "Questo è il mio corpo… Questo è il calice del mio sangue". E i fedeli si comunicheranno con il Corpo e Sangue di Cristo, non certo con il corpo e sangue del celebrante, né con una pagnotta e della bibita....
Nel momento centrale dell'azione Eucaristica le mani del sacerdote eseguono le parole che escono dalla sua bocca: l'invocazione dello Spirito Santo sulle offerte è significata e agisce (compie l'atto da àgere-fare) dalle sue mani distese sopra di esse, attualizzando quel meraviglioso prodigio che è la transustanziazione ossia, mentre le apparenze del pane e del vino restano veramente pane e vino, la loro sostanza diventa il prodigio, il Dio vivo e vero, nascosto, ma realmente presente.
Noi infatti non adoriamo le apparenze del pane e del vino, non adoriamo ciò che vediamo, ma ciò che le apparenze, da quel momento, contengono. Il sacerdote prenderà poi solennemente in mano il pane e il calice, in sincronia perfetta con il racconto dell'ultima cena, ripetendo così lo stesso gesto del Signore: l'esercizio del sacerdozio ministeriale per il quale Cristo, unico e sommo Sacerdote, si dona ai discepoli radunati nel suo nome, raggiunge l'apice nell'offrire a Dio Padre e all'assemblea dei santificati il Corpo spezzato e il Sangue versato.

Ci troviamo così di fronte ad un momento d’intensa realtà vissuta dal Cristo sul Calvario. Non è simbolismo, che coniuga in drammatica tensione la parola, che consacra, e il gesto, che sigilla, affinché il dono della salvezza sia gesto divino d'amore irreversibile, ma riviviamo realmente i fatti accaduti sul Golgota. Per questo la santa Messa non è il racconto di un fatto avvenuto duemila orsono, ma è il rivivere, in modo incruento, quei fatti che l'azione stessa della Santissima Trinità rende, sull'Altare, realmente vivi e sostanziali. In quel momento accanto all'Altare (già simbolo della pietra sulla quale Abramo stava per immolare Isacco, figlio unico, prefigurazione del Golgota sul quale verrà immolato il Figlio unico di Dio per portare a compimento tutto il progetto di Dio), c'è la Vergine Maria come stava ai piedi della Croce, e sopra l'Altare non pochi Santi hanno descritto di aver visto, durante la Consacrazione, aprirsi le porte dei Cieli e vedere i Cori degli Angeli unirsi ai nostri canti solenni; hanno visto la schiera dei Santi che in ginocchio si univano alla Santa Messa con noi, ripetendo in Cielo la Divina Liturgia.

Eucaristia

Per questo quando il sacerdote proclama l'inno del tre volte Santo, descrive la presenza degli Angeli. E' importante che almeno nel momento della Consacrazione, nel momento in cui il sacerdote impone le mani, le nostre ginocchia si piegano davanti al Re dei re che si rende vivo e vero, realmente presente nelle apparenze del pane e del vino da quel trono che è la Croce. Da questo momento il nostro Signore e nostro Dio è realmente presente sull'Altare e purtroppo molti fedeli, compresi i sacerdoti, spesse volte  continuano la Messa come se quel momento fosse solo un ricordo del passato, una memoria simbolica e non usano atteggiamenti di profonda adorazione dopo la Consacrazione avvenuta. E' invece fondamentale assumere un atteggiamento diverso, più consono alla Divina Presenza. Molti sacerdoti non si inginocchiano più durante la Messa e la Consacrazione e così molti fedeli li hanno imitati rendendosi complici di questa disaffezione che si manifesta anche negli atteggiamenti esteriori.
Inoltre come per la Consacrazione è necessaria l'azione esteriore dell'imposizione delle mani consacrate del sacerdote, così anche per il resto della Messa è necessaria la nostra disposizione esteriore, affinché assuma quegli atteggiamenti che ci aiutino, l'un con l'altro, a comprendere e accogliere la Presenza Divina sull'Altare.

Cosa intendiamo per: simbolica azione della mano
Già di per se stessa, la mano dell'uomo è carica di significato ed è simbolo di potere e strumento di linguaggio in tutte le culture, al punto che le stesse lettere dell'alfabeto provengono da gesti ancestrali espressi dalla mano: la scrittura è proprietà intrinseca della mano. Ora, per non caricare di troppe sottigliezze la presente riflessione, ci limitiamo a sottolineare la sua simbologia attraverso tre significati fondamentali:
1. la potestà,
2. la differenza e
3. l'abbandono.

1. In tutte le tradizioni religiose la mano esercita una funzione insostituibile e fortemente espressiva: i testi, l'iconografia e i riti fanno della mano una specie d'intermediario tra l'uomo e Dio. Nella Bibbia la mano e il braccio di Dio esprimono la sua potenza creatrice e la sua trascendenza: “Il cielo è il mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi; - queste cose ha fatto la mia mano ed esse sono mie" (Is 66, 1-2). Perciò la creazione è la prima manifestazione (da mani-festare = eseguire con le mani) della grandezza di Dio, la sua prima scrittura; e dalle sue mani s’irradiano la luce e la vita sugli uomini. Così nelle cerimonie religiose le mani assumono la funzione di uno strumento, per il quale Dio trasmette un potere e una salvezza che soltanto Lui possiede e può donare e, nel nostro caso, è quel potere che ha trasmesso, consegnato ai suoi Ministri consacrati. Qui sta il significato profondo dell'imposizione delle mani nei gesti di benedizione; e su questo percorso si determina pure il significato dell'imposizione delle mani sul pane e sul vino nel rito della santa Eucaristia. Anche per questo la Chiesa ha acquisito l'importanza del gesto che sia il Sacerdote a dare la Comunione al fedele e non il fedele a prenderla da sé. Tale potestà è stata consegnata al sacerdote, non ai fedeli.

2. Nella simbologia culturale dei popoli, la mano può essere destra o sinistra e può esibire la parte palmare o dorsale; di qui la simbolica della differenza: tra bene e male, tra prendere (tenere) e ricevere (contenere). La destra benedice, la sinistra maledice; la destra è misericordia, la sinistra giustizia; "il cuore del saggio va a destra, il cuore dello stolto va a sinistra" (Qo 10, 2). Le mani, in forma di reliquiario, e i talismani, in forma di mano, mettono in evidenza l'aspetto positivo della destra e il suo potere di difenderci dal male: soltanto la destra protegge e libera dalla cattiva sorte. Infine si deve notare che la parte dorsale rende la mano organo della presa e perciò esprime la nostra capacità di com-prendere (di sciogliere gli enigmi), mentre la parte palmare ci rende capaci di toccare lasciandoci toccare, di accarezzare e di costruire relazioni affettive o di amicizia.

3. La mano nella mano significa la condivisione e l'unione di vita tra i due che si tengono per mano nel calore palmare della presa; nelle cerimonie, come nel rito di vassallaggio, le mani nelle mani significano sottomissione, abbandono, consegna della propria libertà a colui che prende le mani delle sue mani; e questo provoca sottomissione e protezione: "Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio; il tormento non le toccherà" (Sap 3, 1).

Nelle mani del Padre
Il significato spirituale, che suggerisce come partecipare attivamente al sacrificio di Cristo, proprio nel momento in cui egli si fa nostro "pane vivo", emerge dalle parole con cui egli prese congedo da noi sulla croce: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,46). Infatti l'Eucaristia attua anche per noi il momento in cui consegnare il nostro spirito, la nostra libertà e volontà, al Signore, per restare veramente liberi: "Cristo ci ha liberati, perché restassimo liberi" (Gal 5,1), capaci di amare e di crescere nell'amore. Anche su Gesù, nel battesimo al Giordano, scese lo Spirito Santo, tanto che poté applicare a sé, nella sinagoga di Nazaret, le parole del profeta: "Lo Spirito del Signore Dio è su di me" (Is 61,1; Lc 4,18); e questo vale anche per noi, in quanto il dono di salvezza è sempre disponibile, proprio perché lo Spirito del Figlio di Dio, per la croce, è ora comunicabile ed è sempre su di noi.
Ora, perché la celebrazione eucaristica diventi efficace e ci faccia inoltrare nella via della salvezza, sono necessarie alcune operazioni interiori, con le quali possiamo accompagnare (partecipazione attiva) il rito della Consacrazione, dall'invocazione dello Spirito Santo sulle offerte (prima epiclesi) fino all'identica invocazione sull'assemblea (seconda epiclesi); ne indichiamo tre:
1. metterci nelle mani del Signore come fece Gesù dalla Croce, significa anche inginocchiarsi davanti a Lui;
2. intenerire il cuore per fare spazio alla Sua Divina Presenza e
3. invocare forza dall'Alto, lo Spirito di Verità affinché la grazia si renda attiva in noi.

1. Consegnarci a Cristo nella verità di noi stessi, col nostro positivo e negativo, per essere pure noi "un solo corpo e un solo spirito" (preghiera eucaristica terza), significa accettare senza condizioni o riserve il suo dono: impossibile donarsi a Dio senza accogliere il suo dono. Il dono della salvezza è per tutti, poiché Dio vuole che tutti siano salvi; però la salvezza raggiunge soltanto coloro che l'accettano, che l'accolgano (o almeno non la rifiutano, per questo Benedetto XVI ha scritto una Lettera per chiarire il termine del Pro multis nelle parole della Consacrazione, quale interpretazione più fedele alle parole di Cristo); e più lasciamo entrare la salvezza nella nostra vita, più partecipiamo alla gioia del nostro Signore.
Perciò, mentre il sacerdote stende le sue mani sulle offerte, ci uniamo a lui per rinnovare la nostra adesione a Cristo e invocando su di noi lo Spirito Santo (Terza Persona della Santissima Trinità e non una specie di energia o spirito fluttuante...) che consacrerà il pane e il vino, siamo fatti partecipi (non dei concelebranti) della Divina Eucaristia; e saremo veri discepoli del Signore.

A ragione scrive così Benedetto XVI nella sua Enciclica Deus Caritas est:
La vera novità del Nuovo Testamento non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di Cristo, che dà carne e sangue ai concetti — un realismo inaudito.(…) È a partire da questo principio che devono essere comprese anche le grandi parabole di Gesù".
Le Norme insegnano: I fedeli s’inginocchino alla consacrazione, se non sono impediti da un motivo ragionevole, come il cattivo stato di salute o la ristrettezza del luogo. Dove esiste il costume che i fedeli rimangano in ginocchio dal Sanctus fino alla dossologia della Preghiera eucaristica e prima della Sacra Comunione, all’Ecce Agnus Dei, si conservi lodevolmente tale uso... (Ordinamento Generale del Messale Romano, n. 43).
 La Chiesa, dunque, loda l'uso dell'inginocchiarsi, per chi può, perché questo atteggiamento favorisce una miglior disposizione per interiorizzare il momento sacro che stiamo vivendo e dona agli altri una concreta testimonianza in ciò in cui crediamo.
Mons. Guido Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche del santo Padre, alla domanda:  quali sono le particolarità delle liturgie pontificie?
Risponde: "Se pure in un contesto peculiare, quale quello dovuto alla presenza del Santo Padre, le liturgie pontificie non possono che presentare le caratteristiche tipiche di questo tempo dell’anno. Con una nota in più: quello della esemplarità. Perché non è mai da dimenticare che le celebrazioni presiedute dal Papa sono chiamate a essere punto di riferimento per l’intera Chiesa. E’ il Papa il Sommo Pontefice, il grande liturgo nella Chiesa, colui che, anche attraverso la celebrazione, esercita un vero e proprio magistero liturgico a cui tutti devono rivolgersi" (intervista dicembre 2010).

Il Cardinale Antonio Cañizares, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti l’ha esposto in sintesi e con grande chiarezza nel febbraio del 2009 in un’intervista alla rivista  pubblicata anche sull'Osservatore Romano:
Come è noto, l’attuale disciplina universale della Chiesa prevede che di norma la Comunione venga distribuita nella bocca dei fedeli. C’è poi un indulto che permette, su richiesta degli episcopati, di distribuire la Comunione anche sul palmo della mano. Questo è bene ricordarlo. Il Papa, poi, per dare maggiore risalto alla dovuta reverenza con cui dobbiamo accostarci al Corpo di Gesù, ha voluto che i fedeli che prendono la Comunione dalle sue mani lo facciano in ginocchio. Mi è sembrata un’iniziativa bella ed edificante del Vescovo di Roma.”

Di conseguenza, lo stesso Cardinale, che allora era ancora Primate di Spagna e Arcivescovo di Toledo, dispose che nella chiesa Cattedrale di Toledo si ponesse un inginocchiatoio per coloro che desideravano “comunicarsi con rispetto e come lo fa il Papa”, ricevendo la Comunione in ginocchio.
E ancora: “Le liturgie pontificie infatti sono sempre state, e sono tuttora, di esempio per tutto l’orbe e l'urbe cattolico”.
Non è un segreto che Benedetto XVI ha sempre sostenuto la Comunione in ginocchio. Quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sottolineava che la pratica di inginocchiarsi per ricevere la Sacra Comunione ha a suo favore una tradizione plurisecolare, ed è un segno particolarmente espressivo di adorazione, del tutto appropriato in ragione della vera, reale e sostanziale presenza di Nostro Signore Gesù Cristo sotto le specie consacrate. Dietro il gesto di inginocchiarsi il Papa vede, dunque, niente meno che una conseguenza della fede cattolica nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, la conseguenza anche della grave crisi di fede che la Chiesa e il mondo stanno vivendo.


2. Intenerire il cuore significa purificare le nostre mani (intese quali azioni e opere) e renderle meno indegne di ricevere il Corpo del Signore; e questo avviene accogliendo una nuova capacità di amare, di relazionarci con gli altri rispettando, a cominciare proprio dalla nostra relazione con Dio, non solo i Comandamenti ma anche amando la Chiesa che per mezzo di Pietro e dei suoi Successori, ci comunica la comprensione e l'interpretazione corretta di questi Comandamenti e di tutta la Scrittura. Se la Messa è il Culto per eccellenza attraverso il quale Dio si relaziona con noi, a nostra volta siamo chiamati a relazionarci con gli altri, a portare questa relazione agli altri. Un amore davvero nuovo: "siate misericordiosi com'è misericordioso il Padre vostro celeste" (Lc 6,36).
Benedetto XVI nell'aprile 2009 quando parla alla Pontificia Commissione Biblica, spiega: "..occorre leggere la Scrittura nel contesto della tradizione vivente di tutta la Chiesa. Secondo un detto di Origene, "Sacra Scriptura principalius est in corde Ecclesiae quam in materialibus instrumentis scripta" ossia "la Sacra Scrittura è scritta nel cuore della Chiesa prima che su strumenti materiali". Infatti la Chiesa porta nella sua Tradizione la memoria viva della Parola di Dio ed è lo Spirito Santo che le dona l'interpretazione di essa secondo il senso spirituale... Essere fedeli alla Chiesa significa, infatti, collocarsi nella corrente della grande Tradizione che, sotto la guida del Magistero (...) tutto quello che concerne il modo di interpretare la Scrittura è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la Parola di Dio".
Per questo è fondamentale che ci accostiamo all'Eucaristia dopo aver accolto il Perdono di Dio mediante il Sacramento della Confessione o Riconciliazione. Senza questo Sacramento si rischia di "mangiare la propria condanna", si rischia di rendere in noi inattiva la grazia, si rischia di accostarsi al Calvario in grave stato di peccato mortale senza la volontà di cancellarlo, di condannarlo. Inoltre il perdono ricevuto non solo ci rende aperti e pronti a ricevere la grazia e a renderla efficace, ma produce frutti di santificazione e rende salde in Cristo le nostre relazioni con gli altri, benedicendole e rendendole fruttuose. Così spiegava Benedetto XVI ai teologi nel dicembre 2010: "C'è una tendenza in esegesi che dice: Gesù in Galilea avrebbe annunciato una grazia senza condizione, assolutamente incondizionata, quindi anche senza penitenza, grazia come tale, senza precondizioni umane. Ma questa è una falsa interpretazione della grazia. La penitenza è grazia".

3. Prima di salire al cielo, Gesù rivolse agli apostoli questa promessa che è anche per noi: "Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra" (At 1,8). In ogni celebrazione eucaristica ci è data la possibilità di avere questa forza dall'Alto, che rende possibile l'impossibile, poiché la Chiesa del Signore non è un'azienda e non nasce né cresce con le sole forze umane: "Il regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo" (Rm 14,17). È la Presenza di questa Divina realtà Eucaristica che, come il sale negli alimenti, dà sapore alla nostra fede liberandoci da quella tiepidezza che rende nauseante la testimonianza: "Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca" (Ap 3,15-16). È l'azione dello Spirito Santo che rende attraente la salvezza che Cristo ci offre, portando alla pienezza la vita umana, in tutti i suoi aspetti, corroborandoci nelle gioie e consolandoci veramente nel dolore, nella fatica degli impegni assunti, nelle tribolazioni.
Nell'Omelia del 3 settembre 2012 alla chiusura del seminario con i suoi ex allievi, così si è espresso Benedetto XVI:
" Che dobbiamo fare? Che dobbiamo dire? Penso che ci troviamo proprio in questa fase, in cui vediamo nella Chiesa solo ciò che è fatto da se stessi, e ci viene guastata la gioia della fede; che non crediamo più e non osiamo più dire: Egli ci ha indicato chi è la verità, che cos’è la verità, ci ha mostrato che cos’è l`uomo, ci ha donato la giustizia della vita retta. Noi siamo preoccupati di lodare solo noi stessi, e temiamo di farci legare da regolamenti che ci ostacolano nella libertà e nella novità della vita.
Se leggiamo oggi, ad esempio, nella Lettera di Giacomo: «Siete generati per mezzo di una parola di verità», chi di noi oserebbe gioire della verità che ci è stata donata?  Ci viene subito la domanda: ma come si può avere la verità? Questo è intolleranza! L’idea di verità e di intolleranza oggi sono quasi completamente fuse tra di loro, e così non osiamo più credere affatto alla verità o parlare della verità. Sembra essere lontana, sembra qualcosa a cui è meglio non fare ricorso.
Nessuno può dire: ho la verità – questa è l’obiezione che si muove – e, giustamente, nessuno può avere la verità. E’ la verità che ci possiede, è qualcosa di vivente! Noi non siamo suoi possessori, bensì siamo afferrati da lei...."

L'Eucaristia è la verità; è parola fedele ma anche nutrimento, è oggetto di culto, Soggetto della nostra adorazione, ma anche il Soggetto che dobbiamo portare agli altri, che dobbiamo a nostra volta comunicare agli altri. L'Eucaristia che adoriamo e viviamo nella Messa non è un simbolo, non è il ricordo dell'Ultima Cena, non è una sorgente energetica, ma è la Presenza reale del Dio Vivo e vero in mezzo a noi che ha detto: Et ecce ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationem saeculi  /  Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt.18-20).
Non siamo noi a "possedere" l'Eucaristia, ma è l'Eucaristia che "ci afferra" e vuole essere portata, comunicata al mondo, per questo Gesù cerca "discepoli". Cerca Discepoli non per avanzare le proprie teorie e costruirne di nuove, ma per essere accolto e portato così come lo abbiamo ricevuto.
Abbiamo così una possibilità unica nel cuore dell'Eucaristia: lasciarci consacrare come pane, che ci corrobora nella debolezza, e come vino, che tonifica le tappe della vita con quella "sobria ebbrezza dello Spirito" che dona e custodisce la pace profonda del cuore, segno inconfondibile della presenza del Signore in mezzo a noi, di questo dobbiamo essere testimoni e discepoli. Nella partecipazione all'Eucaristia, cerchiamo di non lasciarci sfuggire quei  pochi minuti della Consacrazione: l'imposizione delle mani sulle offerte e il tocco del campanello ci ricordano che il momento è solenne, ci ricorda che siamo invitati a piegare le nostre ginocchia davanti al Mistero, ci ricorda che se siamo lì davanti non è un merito nostro ma che in qualche modo siamo stati "chiamati" per rendere questa testimonianza alla Verità. E' importante che in quei momenti facciamo silenzio per interiorizzare questa Presenza, dobbiamo fare attenzione a non banalizzarlo con parole vane e canti inadatti ricordandoci che la fede che stiamo vivendo non crea il Mistero ma lo riceve, lo accoglie, lo accetta. Ora che abbiamo imparato qualcosa di più, cerchiamo di adeguare la nostra vita a questa Verità per esporci al Sole di giustizia che sta per divampare dall'Altare e che cerca testimoni, discepoli che trasmettano i fatti così come ricevuti, insegnati e tramandati infallibilmente dalla Chiesa.


I Santi insegnano: alcuni esempi
San Tommaso d'Aquino: "La celebrazione della Messa ha lo stesso valore della morte di Gesù sulla croce".
San Francesco d'Assisi: "L'uomo dovrebbe tremare, la terra dovrebbe vibrare, il cielo intero dovrebbe commuoversi profondamente, quando il Figlio di Dio si rende presente sugli altari nelle mani del sacerdote".
San Giovanni Maria Vianney, il curato d'Ars: "Se conoscessimo il valore della Messa, moriremmo di gioia"
San Pio da Pietralcina: "Quando assisti alla Messa, rinnova la tua fede e medita circa la Vittima che si immola per te alla Giustizia Divina, per placarla e renderla propizia. Non te ne andare dall'altare senza versare lacrime di dolore e di amore per Gesù, crocifisso per la tua salvezza. La Vergine Addolorata ti accompagnerà e sarà la tua dolce ispirazione"
Santa Teresa di Gesù: "Senza la Messa, che sarebbe di noi? Tutti qui giù periremmo, perché solamente la Messa può trattenere il braccio di Dio. Senza di Essa, certamente la Chiesa non durerebbe e il mondo sarebbe perduto senza rimedio."
San Bernardo: "Si ha maggior merito assistendo ad una santa Messa con devozione, che distribuendo tutte le proprie sostanze ai poveri o viaggiando come pellegrini in tutto il mondo".
Beata Madre Teresa di Calcutta: " Dovunque vado nel mondo intero, la cosa che mi rende più triste è guardare la gente ricevere la Comunione sulla mano".

Eucaristia in ginocchio